Dalle staminali una speranza per la rigenerazione dei tessuti cardiaci danneggiati

Dalle staminali una speranza per la rigenerazione dei tessuti cardiaci danneggiati

Una ricerca coordinata dal premio Nobel per la Medicina Sir Martin J. Evans ha isolato cellule staminali organo-specifiche che rappresentano una concreta possibilità per il trattamento dei danni al cuore

Un primo importante traguardo raggiunto e una promessa: sviluppare nuovi rimedi per il trattamento dei danni al miocardio entro i prossimi cinque anni. L’obiettivo è stato fissato dal team di ricercatori dell’azienda biotecnologica Cell Therapy Ltd, che ha ottenuto i primi risultati per la cura dei danni cardiaci tramite l’utilizzo di cellule staminali. «Abbiamo identificato quelle che pensiamo siano un tipo molto potente di cellule staminali altamente specifiche per il cuore e concluso i primi trial clinici che si sono incentrati sulla sicurezza. A un’analisi preliminare i risultati sembrano decisamente positivi e fortunatamente abbiamo già visto qualche beneficio. Il caso studio già mostra i primi segni di rigenerazione» ha dichiarato il direttore esecutivo dell’azienda Ajan Reginald ai microfoni della BBC Wales.
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La Cell Therapy è un’azienda di Cardiff che si occupa di ricerca e tecnologia nel campo della medicina rigenerativa. Tra i suoi fondatori e promotori spicca il nome di Martin Evans, premio Nobel nel 2007 insieme a Oliver Smithies e all’italo-americano Mario Capecchi per le loro scoperte sull’isolamento e la coltura di cellule staminali embrionali.

Un approccio alternativo a quello gallese è in sperimentazione alla Harvard Medical School negli Stati Uniti. Lo studio, da poco pubblicato su «The Lancet», mostra come l’infusione di cellule staminali nel cuore di 17 pazienti colpiti da infarto abbia permesso nell’arco di un anno la ricostruzione del 50% dei tessuti danneggiati. Le cellule trapiantate nell’organo sono andate a sostituire le cicatrici causate dalla morte dei tessuti avvenuta durante l’attacco cardiaco. Le staminali utilizzate in questo trattamento sono state prelevate dal midollo osseo dei pazienti stessi e fatte differenziare in cellule cardiache solo a contatto con l’organo stesso, con una procedura definita ex vivo. Questa tecnica è differente da quella sperimentata dal gruppo di Evans, che sta invece cercando di selezionare e differenziare le cellule in coltura (in vitro) prima di trapiantarle nel cuore danneggiato. L’approccio è quindi sostanzialmente diverso, anche se in entrambi i casi si utilizzano trapianti di cellule staminali.

«La maggior parte delle terapie cardiache che hanno utilizzato cellule staminali si è rivelata sorprendentemente sicura, ma gli effetti a lungo termine sono ancora una fonte di preoccupazione», ha dichiarato Richard Lee, l’autore dello studio americano, esponendo quello che è ancora uno dei problemi principali dei trattamenti che utilizzano cellule staminali.