Ecco perché non riusciamo a smettere di mangiare, spiegato da Pavlov

Ecco perché non riusciamo a smettere di mangiare, spiegato da Pavlov

Uno studio condotto dalla Tufts University di Boston ipotizza che l’appetito davanti a piatti deliziosi e abbondanti aumenti a causa del riflesso condizionato di Pavlov

Una nuova indagine sulle abitudini alimentari sottolinea che gli americani mangiano tanto, troppo e senza sapersi regolare. Tuttavia, i ricercatori che hanno elaborato i dati, danno una spiegazione duplice che chiama in causa la biologia da una parte e il marketing dall’altra. È l’ipotesi di Susan B. Roberts, direttrice del Laboratorio del metabolismo energetico della Tufts Univeristy di Boston, che ha pubblicato sul «Journal of the American Academy of Nutrition and Dietetics» i risultati della sua indagine, chiamando in causa la scoperta che valse il Nobel a Ivan Pavlov più di cento anni fa.

Roberts per prima cosa ha valutato il carico calorico delle portate servite in trecentosessantaquattro locali americani e ha trovato che il novantadue per cento dei ristoranti esaminati, in particolar modo quelli italiani e americani, serve porzioni di cibo troppo abbondanti, che talvolta bastano a coprire le richieste nutrizionali di un’intera giornata. Secondo Roberts però non è solo questa la spiegazione, infatti nessuno, nemmeno gli americani, è obbligato a finire quello che ha nel piatto.
C’è però un meccanismo che inizia ancora prima di mangiare, per cui si perde la capacità di frenare l’appetito. È la fase cefalica della digestione, in cui il sistema nervoso parasimpatico aumenta la secrezione dei succhi gastrici. La vista del cibo, il suo profumo o il semplice rumore delle posate preparano lo stomaco ad accogliere il pasto, anche se la sua portata supera il fabbisogno energetico. Di conseguenza si mangia più del dovuto e con un appetito irrefrenabile. Ed ecco Ivan Pavlov, che scoprì i meccanismi alla base del comportamento alimentare e fu premiato con il Nobel nel 1904 per i suoi studi sulla fisiologia della digestione.

Ivan Pavlov Credits immagine: wikimedia commons

Ivan Pavlov
Credits immagine: Wikimedia Commons

In sintesi, i ricercatori ipotizzano che la mancanza di autocontrollo a tavola sia giustificata proprio dalla nostra fisiologia e per natura siamo tutti portati a terminare una porzione di cibo più grande di quelle a cui siamo abituati. Quindi, posto che i piatti sono abbondanti e noi, per via del meccanismo precedentemente spiegato, non riusciamo a fermarci, i ricercatori mettono in guardia dai pericoli di un marketing aggressivo e di un mercato alimentare che propone prezzi bassi per porzioni grandi. Il risultato è un aumento dell’appetito e dell’obesità.
La soluzione, secondo Roberts e il suo team, potrebbe essere quella di ridimensionare le portate e rivedere il prezzo delle porzioni servite. Inoltre, siccome in un precedente lavoro della stessa equipe si era visto che ci sono delle discrepanze tra le informazioni sui valori nutrizionali allegati ai cibi serviti e le reali calorie contenute, potrebbe essere utile anche fornire indicazioni dettagliate alle pietanze, così da suggerire ai consumatori l’esatto contenuto calorico di quello che mangiano.

Credits immagine in evidenza: elitetrack.com