Cavie

Aggiudicarsi il Nobel essendo cavie di sé stessi

Per temerarietà o per amore della scienza, nella storia non sono certo mancati gli scienziati che si sono serviti del proprio corpo per comprendere le leggi della natura. Un rischio che talvolta è valso il Nobel

L’uomo transgenico, esordito negli anni ’70 con il fumetto “Wolverine”, e tornato nuovamente popolare come spin-off cinematografico della serie di film sugli X-men, non rappresenta più pura fantascienza. Esiste davvero. È Brian Hanley, microbiologo americano, fondatore della compagnia genetica “Butterfly sciences” e fervente sostenitore della terapia genica come strumento curativo per molte malattie. Nonostante la pericolosità dell’esperimento, Hanley si è fatto iniettare nei suoi muscoli circoletti di Dna alieno (plasmidi) codificanti l’ormone della crescita che dovrebbero contrastare l’invecchiamento. I risultati non si sono fatti attendere: dopo solo un anno dalla prima iniezione, i livelli di colesterolo cattivo nel sangue di Hanley sono diminuiti del 20%, la sua frequenza cardiaca si è significativamente ridotta e la produzione di globuli bianchi è aumentata.

Hanley non è che l’ultimo di una lunga serie di scienziati che, nel corso della storia, hanno utilizzato il proprio corpo negli esperimenti che stavano conducendo. Aggiudicandosi talvolta addirittura il premio Nobel. È il caso, per esempio, del fisico francese Pierre Curie, che condivise il premio Nobel per la fisica nel 1903 con la moglie Marie Skłodowska e Antoine Henri Becquerel per la scoperta del decadimento radioattivo dell’uranio, del polonio e del radio. Curie tenne legato un piccolo cristallo di radio a un braccio per 10 ore con l’intento di dimostrare, sulla sua pelle, gli effetti che la radioattività emessa da questo elemento chimico avesse sul corpo umano. Il risultato? Una ferita simile a un’ustione, dovuta al calore prodotto dall’emissione radioattiva, che dopo ben 50 giorni, mostrò agli increduli uditori di una sua conferenza in Inghilterra. Sfortunatamente per lo scienziato, il continuo contatto con gli elementi radioattivi provocò profondi e irreversibili problemi di salute. Ma sono stati proprio i suoi esperimenti a gettare le basi per alcune delle moderne tecniche di diagnostica medica (come la Pet) o terapeutiche (come la radioterapia).

Pierre e Marie Curie

Pierre Curie insieme a sua moglie Marie, nel laboratorio di Parigi (Credit: Boundless)

E che dire di Werner Forrsmann, l’uomo che toccò il suo stesso cuore cambiando il destino della medicina? Era il 1929 e Forrsmann, a soli 25 anni, fu rapito da un’idea folle: voleva introdurre nella vena del proprio braccio un tubicino per condurlo fino al cuore. Detto, fatto. Per portare a termine quest’impresa, chiese aiuto a un’infermiera della sala operatoria, la quale accettò con la promessa che Forrsmann avrebbe usato il suo braccio piuttosto che il proprio. Con lodevole teatralità Forrsmann riuscì a ingannarla, fingendo di anestetizzarle e tagliarle il braccio. In realtà lo fece su di sé. Era il primo inserimento di un catetere cardiaco. La fluoroscopia a raggi X localizzò il catetere nel suo atrio destro. Un’intuizione estremamente rivoluzionaria: da quel momento in poi, sarebbe stato possibile “vedere” un cuore in pazienti ancora vivi. Nel 1956, arrivò indubbiamente il Nobel per la medicina.

Werner Forssmann

Werner Forssmann (Credit: Wikipedia)

E ancora: tra i “guinea pig Nobel” (i Nobel cavie di sé stessi) c’è anche chi ha optato per l’ingestione di una coltura batterica di Helicobacter pylori. Fu Barry Marshall, il quale, insieme al collega Robin Warren, ipotizzava che fosse questa specie batterica la causa delle ulcere gastriche.

Barry Marshall

Barry Marshall nel suo laboratorio (Via: https://shinilglobalcommunityproject.wikispaces.com/Australia+Historical+People+3-5)

Per dimostrare la veridicità della loro ipotesi, avrebbero dovuto servirsi di una persona sana che consentisse l’infezione da Helicobacter indotta, ingerendo tale soluzione e, come Marshall ha spiegato in un’intervista al magazine americano “New Scientist” del 2006: “Io ero l’unica persona informata a sufficienza per consentire”. E lo fece. Dopo tre giorni, i primi sintomi. Dopo 10 giorni, la biopsia confermò la gastrite, risolta in seguito con una semplice cura antibiotica. Nel 2005 Warren e Marshall vinsero il Nobel per la medicina per aver scoperto la causa e la cura per la gastrite e l’ulcera peptica.

Visti tali successi, chissà che il transgenico Brian Hanley non possa confidentemente sperare in una futura premiazione da parte della Commissione di Stoccolma.