Nobel nubili

Le nubili Nobel

Tutte le vincitrici del Nobel che hanno preferito la scienza agli uomini

Dal 1901 al 2016 le donne vincitrici del Nobel nella medicina sono dodici, nella chimica quattro e nella fisica due, con la grandiosa doppietta di Marie-Curie (1903 per la fisica e 1911 per la chimica). Nel tempo, le scienziate insignite del Nobel sono aumentate ma non ancora abbastanza da eguagliare o superare i colleghi maschi. Tra queste poche, vi offriamo un resoconto di tutte le donne che hanno deciso di non sposarsi e hanno dichiaratamente devoluto la loro vita alla scienza, sigillando l’amore tra loro e la propria ricerca.

Barbara McClintock

Il Nobel per la medicina nel 1983 è la genetista Barbara McClintock (1902-1992, USA) che lo ottiene per la scoperta degli elementi mobili genetici, i trasposoni, in grado di trasferire materiale genetico e specializzare le cellule. Il Nobel arriva trent’anni dopo la scoperta e infatti, durante la sua carriera accademica, McClintock si scontra con i pregiudizi sessisti dei primi anni ‘20 del novecento e con la diffidenza della comunità scientifica, che nel 1951 rifiuta le sue conclusioni (giuste) sui trasposoni. Timida e per nulla arrivista, si rende conto fin da subito dell’importanza delle sue ricerche, non meno del suo ruolo di esempio per le altre donne.

Rita Levi Montalcini

Nel 1986 è il turno di Rita Levi Montalcini (1909-2013, Italia) che viene premiata per la sua scoperta sui fattori di crescita delle cellule nervose, contribuendo a migliorare la nostra conoscenza su alcune malattie, come demenza senile e tumori. Ad oggi, i suoi studi hanno portato ad alcune applicazioni terapeutiche per il trattamento dei sintomi nei malati di Alzheimer, ancora in fase sperimentale, e a terapie per il trattamento dell’ulcera coronaria. Direttrice inoltre del Centro di ricerche di neurobiologia creato dal Cnr (Roma), decide già a tre anni di non volersi sposare e di non voler “un uomo che gestisca la sua vita”. Determinata fin dalla tenera età e costretta a vivere i duri anni della seconda Guerra mondiale, dedica tutta se stessa alla ricerca in campo medico, rimanendo totalmente coerente con la decisione presa a tre anni: amare e dedicarsi esclusivamente alla scienza.

Poco dopo, nel 1988, vince il prestigioso premio Gertrude Belle Elion (1918-1999, USA)

Gertrude Belle Elion

per la scoperta di importanti principi nei trattamenti farmacologici come, per esempio, il primo chemioterapico efficace contro la leucemia infantile. Unica donna nel suo corso, si laurea in chimica presso la New York University nel 1941, scontrandosi fin da subito con le difficoltà di trovare lavoro in quanto donna. Nonostante questo, insieme al suo collega George Hitchings, produce farmaci in grado di uccidere o inibire selettivamente cellule malate e agenti patogeni annoverando, tra gli altri, il primo farmaco utilizzato per il trattamento dell’Aids. La ricerca farmaceutica è la compagna della sua vita.

Christiane Nüsslein-Volhard

Nel 1995 a vincere è Christiane Nüsslein-Volhard (1942, Germania), biologa tedesca che ottiene il Nobel per le sue scoperte sui fattori di controllo genetico embrionale. Dopo un matrimonio lampo di cui nulla si sa, eccetto la volontà di Christiane di mantenere il cognome da sposata perché già utilizzato in diverse pubblicazioni, il suo legame più stretto e indissolubile lo stringe con la Drosophila, il moscerino della frutta tanto caro anche a Thomas Morgan. Identifica tutti i geni mutanti del moscerino e, grazie a questo, scopre che i geni omeotici (geni di controllo di altri geni adibiti allo sviluppo di un organismo) non sono gli unici, in Drosophila, a regolare il processo di sviluppo di un organismo. Nel suo discorso per il Nobel afferma che “la gioia di aver compreso qualche mistero della scienza […] ha ripagato ogni fatica”.

Françoise Barré-Sinoussi

Conclude la nostra rassegna una donna che ama definirsi “una scienziata-attivista”, Françoise Barré-Sinoussi (1947, Francia), insignita del Nobel nel 2008. A lei si deve l’isolamento, lo studio e la scoperta del processo di funzionamento del virus dell’Hiv. Inizia a viaggiare nei paesi più poveri toccando il Centro Africa e i paesi orientali (Vietnam) e la vittoria del Nobel rappresenta per lei una notorietà da sfruttare per perorare la sua causa, soprattutto con le istituzioni religiose: nel 2006, in una lettera all’allora papa Benedetto XXVI, chiede di rivedere le posizioni della chiesa sull’utilizzo del preservativo: “Le tesi cattoliche sui rapporti sessuali” scrive Barrè-Sinoussi “sono ormai desuete e non tengono conto del fatto che un’interpretazione più moderna dei dogmi potrebbe salvare milioni di vite”.

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