I "neuroni Gps" per la localizzazione sociale

I “neuroni Gps” per la localizzazione sociale

Due recenti studi hanno individuato una sottopopolazione cellulare che permette di identificare la posizione degli altri individui della stessa specie

Da sinistra, Edvard Moser, May-Britt e John O’Keefe (Credits: Wikimedia Commons)

Nel 2014 viene assegnato il premio Nobel per la medicina e la fisiologia a John O’Keefe, May-Britt Moser ed Edvard Moser per la scoperta dei “neuroni Gps”, cellule nervose che consentono di identificare la propria posizione nello spazio. Oggi due nuovi studi, indipendenti tra loro, condotti dai ricercatori del Weizmann Institute di Rehovot (Israele) e del RIKEN Brain Science Institute di Wako (Giappone), aggiungono nuovi tasselli nella ricostruzione del sistema di localizzazione spaziale attivo nel nostro cervello. Gli studi, pubblicati su Science, hanno individuato nell’ippocampo, struttura del cervello dalla quale dipendono i processi di apprendimento e di memoria, una sottopopolazione di cellule nervose coinvolta nell’identificazione della posizione degli altri individui della stessa specie.

Gli studi di John O’Keefe, cominciati negli anni Settanta, e quelli di May-Britt Moser ed Edvard Moser, degli anni Duemila, hanno permesso di identificare due tipi di neuroni, localizzati a livello dell’ippocampo: le place cells, cellule di posizione e le grid cells, cellule a griglia. L’individuazione di questo sistema di cellule ha suggerito l’esistenza di una sorta di Gps grazie al quale possiamo riconoscere la nostra posizione nello spazio e orientarci secondo delle coordinate note. Gli esperimenti di O’Keefe e degli allora coniugi Moser furono effettuati su ratti. Tuttavia, successive indagini di brain imaging (una tecnica diagnostica che permette di visualizzare l’attività cerebrale) hanno mostrato che il sistema di localizzazione Gps è valido anche negli esseri umani.

Le ricerche condotte finora hanno dimostrato, quindi, che esiste nel cervello un sistema di riconoscimento della propria posizione nello spazio. Ma sappiamo che l’essere umano, e in generale gli animali che vivono in società, hanno la necessità di riconoscere anche la posizione dei propri simili per poter stabilire delle relazioni. Gli studi di Ulanovsky e di Fujisawa hanno mostrato che nel cervello è presente anche una sorta di “mappa sociale” e non solo spaziale, che permette di individuare la posizione di conspecifici, ovvero individui della stessa specie.

Lo studio di Ulanovsky è stato condotto su pipistrelli della specie Rousettus aegyptiacus, mammiferi che vivono in colonie con strutture sociali piuttosto complesse. In particolare, per l’esperimento i ricercatori hanno utilizzato due pipistrelli: un pipistrello dimostratore, che doveva compiere un volo da un punto a un altro, e un pipistrello osservatore che, dopo un periodo di riposo, doveva ripetere il volo osservato per ricevere una ricompensa. “La parte più impegnativa degli esperimenti è stata quella di evitare che i due pipistrelli volassero via insieme”, ha commentato Ulanovsky, “poiché avevamo bisogno che uno stesse fermo, in modo da differenziare le cellule di posizione che indicavano il sé, da quelle che indicavano gli altri“. Durante l’esperimento è stata registrata l’attività di 378 neuroni dell’area dorsale CA1 dell’ippocampo. Di questi, 68 neuroni, corrispondenti al 18%, sono stati identificati come una nuova sottopopolazione cellulare, definita social place cell, che è in grado di rilevare e memorizzare la posizione dell’altro. I nuovi neuroni sono diversi da quelli identificati sempre da Ulanovsky in uno studio precedente, che invece codificano la destinazione e la distanza da un obiettivo.

Anche nello studio condotto da Fujisawa i ricercatori hanno valutato l’attività dei neuroni dell’area dorsale CA1 dell’ippocampo, ma questa volta usando come modello sperimentale il ratto. È stato disegnato un esperimento in cui un primo ratto, definito self (se stesso), doveva osservare un secondo ratto, definito other (l’altro), seguire un percorso predefinito. Basandosi sulla posizione dell’altro, il topo self doveva scegliere quale percorso seguire, se l’opposto o il medesimo, per poter ricevere una ricompensa. Analogamente allo studio di Ulanovsky, i ricercatori hanno scoperto che alcune cellule neuronali erano in grado di registrare non la posizione del topo self, ma quella dell’other. Partendo da questa valutazione, e attraverso una serie di esperimenti, hanno proposto un modello della rappresentazione spaziale nell’ippocampo che include anche una dimensione sociale. Tale modello prevede quattro aree distinte: una percepisce la propria posizione, un’altra registra la posizione dell’altro, un’altra ancora rileva la propria posizione in rapporto a quella dell’altro, e infine un’ultima, che si attiva quando una posizione comune è occupata dal topo stesso o da un altro topo.

Credits: Press release RIKEN Brain Science Institute

 

Pensiamo che la mappa cognitiva nell’ippocampo non sia solo per sapere dove ci troviamo noi stessi“, ha concluso Fujisawa, “ma anche per tracciare le posizioni di altre persone, animali o oggetti e per comprendere l’ambiente spaziale che circonda il sé”.

Studi futuri potranno chiarire come queste cellule agiscano in contesti sociali più ampi, con più partecipanti, anche di specie differenti.

Immagine in evidenza: Neurone corticale colorato con specifici anticorpi. Credits: Wikimedia Commons