Grigorij Perel’man, il San Francesco della matematica

Grigorij Perel’man, il San Francesco della matematica

La storia del genio-eremita che risolse la congettura di Poincaré ma rifiutò la medaglia Fields (e molti soldi)

Può una vicenda matematica essere romantica? Certo, se si parla del misterioso Grigorij Perel’man, colui che ha elaborato una complicatissima formula solo per amor di scienza. Perel’man nasce nel 1966 a San Pietroburgo, da una famiglia amante dei numeri: la madre, insegnante di matematica, e il padre, ingegnere, trasmettono al piccolo Grigorij la passione per equazioni e formule. Dopo la laurea a San Pietroburgo prosegue gli studi negli Stati Uniti, dove sorprende continuamente i suoi colleghi risolvendo enigmi rimasti insoluti per decenni. Si rivela da subito un uomo umile e per nulla affascinato dai piaceri materiali.

Spesso accade che gli eventi cruciali nella vita di una persona sembrino di primo acchito episodi di poco conto: è quello che succede anche in questa storia. È infatti da una breve chiacchierata con il matematico Richard Hamilton che Perel’man viene sedotto fatalmente dalla congettura di Poincaré, enunciata quasi un secolo prima dall’omonimo scienziato e relativa a una questione tanto complessa quanto affascinante: qual è la forma dell’universo?

Hamilton è a un punto di stallo, mentre Perel’man sa come procedere: decide quindi di concentrarsi unicamente sulla congettura, in pace e tranquillità. Torna in Russia per vivere di risparmi, senza un lavoro che lo distragga: le uniche compagne sono la congettura e la solitudine. Il suo nome cade a questo punto nel silenzio; egli è schivo, irrintracciabile e vive al limite della povertà, finendo per attirare – senza volerlo – l’attenzione mediatica su di sé.

Nel 2000 l’Istituto Clay annuncia i Problemi per il millennio, ossia i sette più importanti problemi fino ad allora irrisolti, per la cui soluzione viene messa in palio una ricompensa di un milione di dollari. Fra questi vi è anche la congettura di Poincaré, ma Perel’man è del tutto insensibile al dettaglio pecuniario: l’unica cosa che conta è la soluzione. Crede in un mondo in cui i misteri dell’universo non vengono svelati per denaro: accettare quei soldi sarebbe un tradimento dei suoi principi morali.

Per sette lunghi anni Perel’man non pensa ad altro che alla congettura, concedendosi soltanto passeggiate e musica classica, fin quando nel 2002 arriva alla soluzione, che pubblica nelle quaranta pagine che sconvolgono il mondo. Lo sconvolgono sia per la brevità di una dimostrazione così complicata, sia perché le pubblica su un blog, senza passare per vie ufficiali, a riprova del suo disinteresse per il denaro e la fama. Chiunque altro avrebbe sbandierato un simile successo su ogni piattaforma mediatica, ma non Perel’man. Da quel momento accetta di tenere conferenze negli Usa, ma solo in rigorosa assenza di telecamere. Nel 2005 si ritira completamente a vita privata: si dimette dall’istituto in cui lavora, abbandona la matematica e si allontana dall’esigua cerchia di amici.

L’anno successivo arriva il riconoscimento dal mondo intero: la rivista Science sceglie la sua dimostrazione come scoperta fondamentale dell’anno. Ma ciò non basta a evitare calunnie; di lì a poco viene ingiustamente accusato da alcuni detrattori del furto della scoperta e di aver soltanto fatto un collage di spunti presi qua e là, motivo per cui, non meriterebbe né l’attribuzione della scoperta né del premio dell’Istituto Clay. Se è vero che nelle scienze si dipende dai risultati e dalle scoperte precedenti, è pur vero che il premio viene meritato da colui che riesce a unire tutti i punti e a tagliare il traguardo. Oltre al disamore per i riflettori, si aggiunge quindi in Perel’man una forte critica verso la società mediatica, nella quale tutto è ormai mercificabile, anche la matematica, che lui invece ritiene pura da ogni forma di corruzione, compravendita o falsificazione.

Nel frattempo, l’Unione matematica internazionale gli conferisce la prestigiosa medaglia Fields, ma egli serba rancore verso la comunità scientifica, tale da fargli rifiutare la medaglia. La matematica è per lui non solo la regina delle scienze, ma anche disciplina morale, che obbedisce con rettitudine a regole etiche e che distingue perfettamente il giusto dallo sbagliato.

Nel 2006, dopo anni di revisione, arriva finalmente la conclusione dell’Istituto Clay: l’elaborato di Perel’man è corretto ed è lui l’unico autore della prova della congettura. Ci vorranno altri quattro anni per l’effettiva assegnazione del premio, seguita dal prevedibile rifiuto da parte del vincitore. Nessuno nella storia della matematica aveva mai rifiutato un premio in denaro così ingente.

L’importanza di riconoscimenti come questi è che aumentano l’interesse delle persone nella scienza e di certo la vicenda di Perel’man ha il merito di aver acceso i riflettori su di un aspetto della matematica altrimenti riservato agli specialisti.

È ormai il 2010, dopo anni di fragoroso silenzio i giornalisti tentano di rintracciarlo, lo aspettano sotto casa per strappargli una foto o un’intervista, ma invano. Ancor oggi rimane un personaggio sfuggente, vive come un senzatetto, si parla di lui già al passato. E già lo si ricorda con la sua nota dichiarazione: “Non voglio essere uno scienziato da vetrina, e troppi soldi in Russia generano solo violenza”.

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