Renato Dulbecco Institute: un progetto visionario per i giovani ricercatori calabresi

Renato Dulbecco Institute: un progetto visionario per i giovani ricercatori calabresi

A Lamezia Terme nasce il Calabria Silicon Valley, un innovativo biotech park dedicato alla ricerca scientifica e biomedica 

“Il Renato Dulbecco Institute è l’esempio di quello che si può fare con la scienza”. Queste le parole di Aaron Ciechanover, biologo israeliano e Premio Nobel per la Chimica nel 2004, chiamato a valutare i progetti di ricerca dell’innovativo Renato Dulbecco Institute di Lamezia Terme. L’idea di cui si parla è ben più ampia rispetto alla costruzione di un singolo istituto: realizzare un biotech park che unisca scienza e tecnologia, e che soprattutto dia spazio alle risorse umane della regione. Si tratta del Calabria Silicon Valley, progetto che unisce ricerca scientifica e biomedicina, tecnologia e cultura, comunicazione digitale e informatica. Perché proprio in Calabria? E’ una regione in cui la ricerca scientifica si sviluppa molto in fretta. Nel dipartimento di oncologia di Catanzaro, ad esempio, stanno studiando l’utilizzo delle pronectine contro il carcinoma dell’ovaio a cellule chiare, con risultati promettenti. 

L’obiettivo principale è limitare la fuga di cervelli, dando le giuste opportunità a tutti i giovani laureati e ricercatori calabresi, per rendere la Calabria un ecosistema legato alla scienza.
“Con la scienza si costruisce il futuro perché la costruzione di un ecosistema equivale a un coinvolgimento di tutte le forze disponibili: l’Università e gli istituti di ricerca forniscono progetti, l’industria li realizza”, dice Ciechanover. È chiaro che non basta la presenza di risorse umane per garantire la buona riuscita di questo progetto, ma sono necessari grandi investimenti, strutture adeguate, attrezzature di ultima generazione e valide opportunità di lavoro e di crescita professionale. 

Vediamo più da vicino la storia del Renato Dulbecco Institute. Il fondatore è il professor Giuseppe Nisticò, classe 1941, commissario dell’Istituto di Ricerca di Neuroscienze Ebri (European Brain Research Institute), presidente della Fondazione Rita Levi-Montalcini, nonché farmacologo di fama internazionale. Nisticò ha scelto Lamezia Terme come sede di un Istituto di Ricerca di Biotecnologie Mediche, intestato a Renato Dulbecco, padre della decodificazione del genoma umano e premio Nobel del 1975 per le sue ricerche sugli oncogeni. Dulbecco è stato inoltre professore di genetica molecolare dell’Università di Catanzaro, e tra i suoi allievi spiccano nomi come Pierfrancesco Tassone, uno dei migliori oncologi italiani, e Mino Pelaia, tra i migliori pneumologi del nostro paese.

Altra notizia non da poco è che Giuseppe Nisticò, negli anni settanta, ha conosciuto Rita Levi-Montalcini, grazie a Dulbecco, e da qui la sua idea di realizzare un Istituto di Biotecnologie dedicato a lui.

Principale obiettivo di questo progetto, ribadiamo, è il rientro dei cervelli dall’estero.
Un nome su tutti: Roberto Crea, il primo a sintetizzare l’insulina umana ricombinante nel 1978, e depositario di circa centro brevetti di prodotti biotecnologici innovativi tra cui growth hormone, anticorpi monoclonali, le sopracitate pronectine e altri. 
Nisticò e Crea, grazie alla visione della ex Presidente Joe Santelli, hanno deciso di fondare il Dulbecco Institute a Lamezia Terme, sopra i resti dell’antica città di Terina, uno dei punti nodali sui quali nacque l’Italia, e sede della Fondazione Mediterranea Terina. 
L’Istituto sarà diviso in due centri: il primo sarà chiamato “Mabs & Pronectins platform”, destinato alla produzione di pronectine e anticorpi monoclonali. Il secondo sarà il “Pharm-Toxicol platform”, dedicato allo studio farmacodinamico e farmacocinetico dei prodotti biotecnologici a base di pronectine. Sempre in questo centro inoltre sarà valutato la qualità e la sicurezza dei prodotti agroalimentari calabresi, per consentirne l’entrata nei mercati di tutto il mondo. 
Progresso tecnologico e progresso gastronomico. Niente di meglio, no? 

Immagine in evidenza: Wikimedia Commons