Vera Cooper Rubin

Vera Cooper Rubin

di Lia Pagotto

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Vera Cooper nasce nel 1928 a Philadelphia in un’agiata famiglia di immigrati ebrei. A dodici anni il suo passatempo preferito è guardare il cielo stellato con un telescopio costruito insieme al padre, ingegnere elettronico.

Sebbene il professore di fisica la ritenesse inadatta alle materie scientifiche, Vera si iscrive al Vassar College, nel quale aveva insegnato Maria Mitchell, prima astronoma americana: questa carriera per le donne dell’epoca costituiva una strada ardua. Tentò di specializzarsi a Princeton, ma l’iscrizione le fu vietata e così proseguì i corsi dove studiava il marito, da cui aveva preso il cognome Rubin. Con determinazione Vera seguì il dottorato di notte e incinta del secondo figlio. Il Washington Post titolò. “Una giovane madre scopre il centro della creazione attraverso il moto delle stelle”, Vera non era considerata quindi un’astronoma per la società del tempo, ma una mamma. Ottenne il dottorato sostenendo che le galassie non erano distribuite in modo omogeneo nell’universo, bensì si riunivano in ammassi delimitanti zone in apparenza vuote. La sua carriera era vista con scetticismo dai suoi colleghi: nel 1965 Vera era madre di quattro figli, si occupava delle faccende domestiche, lavorava part time come insegnante ed era impegnata negli studi astronomici. Chissà se anche lei era dotata di una qualche forma di energia oscura che le dava la forza di portare avanti tutte queste attività!

Nel 1968 iniziò a studiare con Ford la rotazione delle galassie: proprio da queste esplorazioni scaturiranno gli studi verso la materia oscura, ancora dibattuta dai ricercatori.

Secondo Newton, le stelle periferiche in una galassia dovrebbero avere un moto più lento rispetto a quelle più interne. Le osservazioni dimostravano invece che dopo una certa distanza dal centro della galassia le stelle avevano una velocità costante e questo era inspiegabile, visto che la forza centrifuga a cui erano soggette era maggiore della forza di attrazione gravitazionale. Come era possibile risolvere questo paradosso? Negli anni ’30 Fritz Zwicky aveva ipotizzato la presenza di una materia che non emetteva onde elettromagnetiche, ma che aveva una massa e contribuiva a modificare lo spazio-tempo. Rubin e Ford ripresero questa teoria che poteva spiegare la velocità così alta dei corpi celesti periferici: la materia oscura (su cui Vera fornì calcoli dettagliati) che circondava le galassie era responsabile di una forza gravitazionale che teneva le stelle all’interno della galassia.

Per i suoi successi in ambito astronomico, Vera è stata insignita di molti premi e le è stato persino dedicato un asteroide, 5726 Rubin. Il mancato premio Nobel fu giustificato dicendo che l’esistenza della materia oscura era un’ipotesi, sebbene nel 2011 fosse stato dato il premio a tre uomini sull’energia oscura. Tuttavia lei meritava tale riconoscimento…Conservò sempre la speranza che fosse possibile diventare qualsiasi cosa si desideri, senza sacrificare la famiglia, il lavoro o la propria passione, perché – se lo si vuole – questi condizioni possono coesistere. Il premio per la fisica lo meriterebbe per ciò che ha scoperto, indipendentemente dalla sua identità. La materia oscura occupa una parte consistente dell’universo e, senza l’intuizione di Vera, si sarebbe continuato a pensare che la quasi totalità della massa dell’universo risiede nelle stelle. Ma amareggia pensare che forse, se fosse stata un uomo, avrebbe studiato nelle università più prestigiose e avrebbe ricevuto il premio Nobel.

Virginia Woolf si domandava cosa sarebbe successo se Shakespeare avesse avuto una sorella con le stesse abilità del fratello e ipotizzava che questa donna non sarebbe mai diventata una scrittrice perché, mentre il fratello studiava, a lei veniva invece chiesto di rammendare le calze e, quando avrebbe chiesto di fare l’attrice, le sarebbero state chiuse le porte davanti. E così la sorella di Shakespeare non avrebbe mai potuto esprimere il proprio genio, perché non le erano stati dati gli strumenti per farlo. Vera ottenne questi strumenti, ma con estrema fatica e lottando tutta la vita contro il diffuso scetticismo nei suoi confronti.

Questa grande scienziata ci ha lasciato un messaggio forte, cioè che se si vuole conoscere l’universo la disparità di genere deve finire. Sta a noi giovani, donne e uomini insieme, fare in modo che si crei una società senza discriminazioni di alcun tipo, in cui a ognuno vengano dati i mezzi per realizzarsi ed esprimere il proprio genio.

 “Ascolta ciò che ognuno ti dice, e poi decidi ciò che tu realmente vuoi fare, vai avanti e fallo”[1].


[1]Listen what everyone tells you, and then decide what you really want to do, go ahead and do it” (invito di Vera Rubin ai neolaureati in un discorso del 2011 presso l’American University di Washington).