Dietro il successo di un Nobel c'è la curiosità, parola di Carlo Rovelli

Dietro il successo di un Nobel c’è la curiosità, parola di Carlo Rovelli

È il caso di Albert Einstein. Ce lo racconta il fisico Carlo Rovelli

Einstein uguale genio e talento? No, o meglio: non soltanto. “Sono solo appassionatamente curioso”. Così descriveva se stesso il premio Nobel Albert Einstein nel 1952, pochi anni prima di morire. Ed è la sua curiosità a colpire il fisico Carlo Rovelli, che abbiamo incontrato al Festival delle scienze di Roma.

Lei nel libro “Sette brevi lezioni di fisica” parla molto di Einstein, della sua curiosità e del suo bighellonare. A proposito, cosa intende per teoria della curiosità generale?

È Einstein che parla di curiosità. E la eleva addirittura a teoria, a principio della conoscenza. Una delle cose più simpatiche che ha detto è stata appunto questa: “non ho speciali talenti, sono soltanto appassionatamente curioso”. Parole dette in tarda età. E sentirle dire da una persone straordinaria, di indubbio talento, che ha avuto un successo indiscusso, può sembrare paradossale. Ma in fondo non lo è: credo che la qualità di uno scienziato stia proprio nella capacità di scovare i problemi, più che nella capacità di risolverli. Il suo compito non è tanto quello di trovare risposte, ma quello di fare domande. I passi avanti nella scienza nascono sempre dalla curiosità di qualcuno, e in questo Einstein è stato emblematico. In più, sin da giovane prendeva la vita in un certo modo: amava bighellonare. Seguiva a tempo perso le lezioni all’Università di Pavia: per divertimento, senza essere iscritto o fare esami. Aggiungo, se non si perde tempo non si va da nessuna parte. È stato proprio questo atteggiamento a renderlo un grande scienziato.

Dunque meglio una domanda in più e una risposta in meno?

Si, certo. Mai sederci sulle nostre certezze. L’eccessiva curiosità di Einstein lo ha portato a fare nuove domande per la fisica. Fino a rivoluzionarla, costruendo un nuovo paradigma.

Sempre nel suo saggio lei sostiene che la Teoria generale della relatività, di cui quest’anno è il centenario, sia addirittura un capolavoro assoluto. Perché?

Perché è come la “Cappella Sistina”, l’”Odissea”, il “Requiem” di Mozart, cioè perché Einstein è riuscito a offrire al resto dell’umanità occhi nuovi per vedere il mondo. La relatività generale ha trasformato completamente il nostro modo di pensare. Pian piano l’umanità ha capito la portata di questa teoria. Come per tutte le teorie rivoluzionarie.

Credits immagine in evidenza: Wikimedia Commons