Lsd

Quando i Nobel fanno uso di Lsd

Molti scienziati sono noti anche per le loro cattive abitudini. Dalla recente scoperta di come si comporta il cervello sotto l’effetto dell’Lsd, ecco chi, tra i Nobel, si dice ne abbia fatto uso

Un gruppo di scienziati del Centro di Neurofarmacologia dell’Imperial College di Londra, per la prima volta, è riuscito a osservare in tempo reale gli effetti della droga sul cervello umano grazie a tecniche di imaging cerebrale. Lo studio è stato pubblicato lo scorso aprile su PNAS. Ma se il cervello è quello di un Nobel, cosa può succedere?

L’Lsd è un molecola semisintetica derivante dal fungo Claviceps purpurea, il cui nome comune è “ergot”, parassita della segale e delle graminacee. Fu sintetizzata per la prima volta in Svizzera nel 1938 presso la casa farmaceutica Sandoz (oggi Novartis) da Albert Hofmann, allora membro del comitato per il Nobel. Avendola fornita gratuitamente ai propri colleghi psicologi e psichiatri per curare malattie psichiatriche tra cui la schizofrenia, Hofmann si rese conto degli effetti psichedelici dell’Lsd solo cinque anni dopo averla sintetizzata, ovvero nel 1943, quando, si dice, una goccia della sostanza gli cadde sulla mano e, una volta respirata, gli provocò vertigini e leggere allucinazioni.lsd img

Tra i premi Nobel che non hanno mai nascosto di aver fatto uso di Lsd è stato Kary Mullis, premio Nobel per la chimica nel 1993 per l’invenzione della tecnica Pcr (una tecnica di biologia molecolare che permette di moltiplicare frammenti di Dna). Nel documentario della Bbc, Psychedelic Science, lo scienziato ha dichiarato: “Cosa sarebbe successo se non avessi mai assunto Lsd? Avrei inventato la PCR ugualmente? Non lo so. Ne dubito”.

Un altro Nobel noto per aver fatto uso dell’acido fu Francis Crick, profondamente convinto che l’Lsd gli permettesse di “ampliare le sue capacità di ragionamento”. Si dice infatti che egli abbia raccontato di aver avuto la visione della doppia elica di DNA proprio mentre era sotto l’effetto della droga.

Al contrario di quanto è stato spesso raccontato, Richard Feynman, Nobel per la fisica nel 1965, ha sempre negato di aver fatto uso di droghe. Singolare, autoironico e fuori dagli schemi, Feynman fu per molto tempo incuriosito dai meccanismi neurologici alla base delle allucinazioni visive, tanto da ricorrere a strani metodi per stimolarle, come ad esempio galleggiare chiuso in cassoni d’isolamento riempiti di acqua e sale. Nel suo libro “Sta scherzando, Mr Feynman!” infatti racconta: « In quel periodo i coniugi Lilly facevano ricerche sulla deprivazione sensoriale e avevano costruito degli appositi contenitori. Ero sempre stato affascinato dai sogni, dalle immagini che la mente elabora in mancanza di una fonte sensoriale diretta, e mi sarebbe interessato avere delle allucinazioni. Una volta ero stato tentato di usare delle droghe, ma mi ero spaventato: adoro pensare e non voglio rovinare il “meccanismo”. Mi sembrava che rimaner coricato in un cassone d’isolamento sensoriale non presentasse invece pericoli fisiologici, ed ero pronto a provare. Accettai subito il cortese invito dei Lilly ad usare i cassoni, e la settimana successiva andai a provare i contenitori d’isolamento. Un cassone di isolamento sensoriale è come una grande vasca da bagno chiusa da un coperchio. All’interno è totalmente buio e, siccome il coperchio è spesso, totalmente silenzioso. Nella vasca, l’acqua era addizionata di sali Epsom, per renderla più densa del normale: per cui ci si galleggiava. La temperatura era più o meno quella corporea. I Lilly avevano lavorato bene: non c’era luce, non c’era rumore, non c’era niente! ».