Freud

“La psicoanalisi ha troppi nemici”: Freud e i Nobel mancati

Sigmund Freud, uomo dal carattere complesso e dagli interessi variegati, fu candidato per ben 33 volte al Premio Nobel. Senza mai ottenerlo, nonostante elogi e lettere ben documentate da parte di influenti scienziati a lui contemporanei

Se scrivo “Freud” a cosa pensate? Quasi certamente riaffioreranno dalla memoria parole come psicoanalisi, interpretazione dei sogni, inconscio e magari la sua celebre “scherzando, si può dire di tutto, anche la verità”. Sappiamo che era ebreo e che ha vissuto gran parte della sua vita a Vienna. Che amava i sigari: in realtà era un fumatore compulsivo e questo amore lo portò alla morte per cancro. Approfondendo si scoprono notizie bizzarre, che dipingono il “padre della psicanalisi” come un uomo dal carattere complesso, sotto certi aspetti ossessivo, e dagli interessi variegati. Aveva la fobia del numero 62. Possedeva solo tre vestiti e tre paia di scarpe. Pranzava ogni giorno alle 13 e alle 14 usciva per camminare. Percorreva sempre gli stessi tre chilometri. Era affascinato dall’arte classica e collezionava statuine. In una lettera confessa a Stefan Zweig di aver fatto molti sacrifici per la sua raccolta di antichità, e di aver letto più di archeologia che di psicologia. Era talmente legato ai suoi oggetti da collezione che pare fosse solito portare a tavola l’ultimo acquisto per contemplarlo mentre mangiava. E sapevate che tra il 1915 e il 1938 fu candidato per 33 volte al Nobel? Trentadue volte per la medicina, una volta per la letteratura. Era infatti considerato anche uno scrittore con un eccellente stile compositivo. Tanto da vincere, nel 1930, il Premio Goethe.

Ma facciamo un passo indietro. Sappiamo che nessuno può candidarsi da solo per il Nobel. Quindi, chi ha proposto il nome di Freud? E come mai, nonostante le numerose candidature, non è riuscito a ottenere l’ambito premio? Freud era stato sostenuto da moltissimi scienziati dell’epoca, provenienti da varie discipline e aree geografiche. Il primo, nel 1914, è William A. White, editor della rivista Psychoanalytic Review di New York, uomo molto stimato nell’ambito della psicoanalisi. Tre anni dopo, il Premio Nobel per la medicina Robert Barany, che lo propone altre tre volte. Nel 1927 tre medici peruviani e uno tedesco. Seguono poi, tra eminenti studiosi, due premi Nobel per la medicina. Il 1938 segna l’ultima candidatura.

Ma il Comitato Nobel, nel 1929 e nel 1933, decide di nominare due commissari con il compito di esaminare dettagliatamente il lavoro di Freud per capire se egli potesse o meno essere preso davvero in considerazione per il premio. Entrambi conclusero che non vi era base scientifica nel lavoro di Freud e che quindi non aveva alcun senso continuare a candidarlo al Nobel per la medicina. La questione sembrava definitivamente chiusa. Ma non è così. Gli amici di Freud tenevano a tal punto che ricevesse un Nobel che lo candidarono a quello per la letteratura. E a proporlo fu proprio un Nobel in tale disciplina, Romain Rolland, che lo segnalò nel 1936. Ma anche questa volta, nulla da fare.

Ma cosa pensava Freud di tutto questo? Nel suo diario del 1929 troviamo la prima frase lapidaria sulla questione, “Im Nobelpreis übergangen”, “scartato per il Premio Nobel”. In quello del 1930 un’altra annotazione, “Im Nobelpreis endgültig übergangen”, “definitivamente scartato per il Nobel”. Pochi altri documenti possano aiutarci a capire il suo pensiero. Tra questi la lettera ad Arnold Zweig, che aveva sostenuto la sua candidatura: a lui chiedeva di smetterla di sprecare tempo, perché tanto il Nobel non glielo avrebbero mai dato. E aggiungeva che “la psicoanalisi ha troppi nemici e sarebbe una provocazione enorme per la Germania nazista”. Le testimonianze degli amici, tuttavia, parlano di un Freud che teneva molto a quel premio, non tanto per il prestigio che gli avrebbe portato, quanto per la somma di denaro che avrebbe ricevuto.

Ma come mai Freud non ricevette mai il Nobel? C’è chi sostiene che il motivo fosse l’avversione che alcuni componenti del Comitato Nobel avevano nei suoi confronti, per certi aspetti anche legata all’antisemitismo e a questioni politiche (come la paura di inimicarsi la Germania nazista). Ma l’ipotesi più accreditata sembra ruotare intorno al metodo scientifico. Il Nobel per fisiologia e medicina è, infatti, promotore dell’uso di tale metodo: devono cioè essere garantite riproducibilità e verificabilità dei risultati. Freud aveva collocato se stesso nella tradizione medico-scientifica, pensando con la psicoanalisi di fare psicologia scientifica. Aveva respinto la critica che la psicoanalisi comportasse speculazione e suggestione. “L’interpretazione è corretta se porta a una cura”, come diceva lui stesso per motivare il “disinteresse” a testare la propria teoria con il metodo scientifico. Il suo obiettivo era “capire” piuttosto che “spiegare”. Il che lo fece finire a essere considerato un pioniere del metodo qualitativo e collocato nella ricerca ermeneutica.

Credits immagine: Pixabay