fecondazione

Robert Geoffrey Edwards, il biologo della fecondazione assistita

Padre nella vita e nella medicina, convinto che ogni donna debba avere la possibilità di avere dei figli. È la storia di Robert Edwards, pioniere della fecondazione artificiale

Ho guardato al microscopio e quello che ho visto era una blastocisti che ‘guardava’ verso di me e ho pensato ‘ci siamo riusciti’!”, affermava Robert Geoffrey Edwards, biologo britannico e padre della fecondazione artificiale, alla vista del primo embrione sviluppatosi al di fuori del grembo materno. Il suo enorme lavoro, che ha attirato grande attenzione da parte del mondo per la sua innovatività, gli è valso il Premio Nobel per la medicina e la fisiologia nel 2010.

La Fivet, fecondazione in vitro con trasferimento dell’embrione, tecnica rivoluzionaria nata dalla collaborazione tra Edwards e il ginecologo Patrick Steptoe, è divenuta una concreta possibilità per tutte quelle donne che, a causa del blocco delle tube di Falloppio o del numero esiguo di ovuli, non possono ave<re figli in modo naturale. La procedura consiste nella rimozione dalle ovaie dell’ovulo, che viene fecondato in provetta per poi essere re-impiantato nell’utero.


Robert Edwards, nato a Manchester il 27 settembre 1925, si laurea in biologia, con specializzazione in zoologia, alla Bangor University, in Galles. Consegue poi, nel 1955, un dottorato all’Istituto di Embriologia Animale a Edimburgo, con una tesi sullo sviluppo embrionale dei topi, e da qui inizia ad approfondire il tema della fecondazione, trovando un perfetto collaboratore in Steptoe, che incontra all’università di Cambridge nel 1963.
I due iniziano nel 1968 un progetto incentrato sullo studio della fecondazione artificiale umana, essendosi entrambi interessati agli studi compiuti sulle cellule uovo dei conigli in provetta.
Per compiere i loro esperimenti Edwards e Steptoe fondano la Bourn Hall Clinic, a Cambridge, dove, all’incirca quattro anni dopo l’inizio del progetto, riescono a fecondare il primo ovulo al di fuori dell’utero materno.


Il primo tentativo di re-impiantare l’embrione in una donna non produce però i risultati sperati.
I regimi ormonali impiegati infatti hanno effettivamente incoraggiato il rilascio di più ovuli, che avrebbero dovuto aumentare le possibilità di fecondazione. Nonostante ciò questi regimi hanno provocato, al momento dell’impianto, le mestruazioni. Successivamente Edwards e Steptoe hanno deciso di optare per un approccio diverso, che preveda la perfetta sincronizzazione di isolamento, fecondazione e impianto delle cellule uovo con la naturale ovulazione e il ciclo mestruale della donna.


Il 25 luglio 1978, a Londra, Lesley Brown sarà la donna a dare alla luce la prima bambina nata grazie alla tecnica Ivf, ossia Louise Joy Brown. Da quel momento fino alla morte di Patrick Steptoe, avvenuta nel 1988 a causa di una grave malattia, furono più di mille i bambini nati grazie a questa tecnica rivoluzionaria, tra cui anche la sorella minore di Louise Brown. Lo stesso Edwards racconta la commovente reazione di Steptoe, del quale ricorda la profonda “gioia negli occhi” mentre ascoltava la notizia del loro enorme successo. Dopo la scomparsa del suo amico e collega, Edwards si ritira e nel 1989 riceve il titolo di professore emerito di riproduzione umana presso l’Università di Cambridge. Si spegnerà dopo una lunga malattia polmonare nel 2013, all’età di 87 anni, nella sua camera da letto a Cambridge.


A oggi sono più di 5 milioni i bambini nati grazie a Edwards e Steptoe, il cui lavoro ha cambiato in meglio la vita di centinaia di migliaia tra quel dieci percento di coppie colpite dall’infertilità. Padre biologico di 5 figlie, Edwards non ha mai tenuto nascosto il vero motivo del suo enorme interesse per la fecondazione umana, che infatti compare tra le note da lui lasciate a Cambridge: “Nulla è più speciale di un bambino, e la cosa più importante nella vita è avere un figlio”

Immagine in evidenza: Wikimedia Commons