Nello spazio: mai così vicini all’orizzonte degli eventi

Nello spazio: mai così vicini all’orizzonte degli eventi

Prima fotografia del “bordo” del buco nero nella galassia M87. Servirà a capire meglio come questi corpi celesti crescono, di cosa sono fatti e come emettono radiazioni nello spazio

Nell’ultima parte di “2001: Odissea nello spazio”, David, l’astronauta sopravvissuto al temibile computer di bordo Hal 9000, inseguendo il misterioso monolite, viene inghiottito da una forza inspiegabile e cade in un abisso multicolore. Alle immagini vertiginose si alterna la ripresa ingigantita del suo occhio, specchio del buco nero in cui sta precipitando. Si ritrova in una casa sospesa nel tempo e nello spazio, dove incontra il sé stesso del futuro che invecchia, fino al faccia a faccia con il monolite, per poi rinascere bambino in un grembo cosmico che osserva la Terra verso cui torna sulle note dello Zarathustra di Strauss. Nelle immagini di Kubrick l’odissea al confine dello spaziotempo, che si curva su sé stesso, diventa un eterno ritorno a casa, l’incontro con l’essenza di noi stessi.

Dalla fantascienza cinematografica alla realtà: quel confine ora è stato fotografato per la prima volta. L’Event Horizon Telescope, collaborazione internazionale tra centri di ricerca composta da una rete di radiotelescopi posizionati in tutto il mondo, è riuscito a immortalare il “bordo” del buco nero. Roger Penrose, fisico e matematico di Oxford, premio Nobel per la Fisica nel 2020, lo aveva definito “orizzonte degli eventi”, il confine invalicabile ove, a causa dell’enorme gravità, il tempo sembra fermarsi: una zona dello spaziotempo in cui è impossibile osservare ciò che accade e dalla quale nulla può sfuggire. Nelle sue teorie sui buchi neri e sulle singolarità gravitazionali dello spaziotempo, il cosmologo ha sostenuto come l’universo nel quale viviamo sia solo uno degli infiniti universi che in sequenza si succedono, uno dopo l’altro, per l’eternità.

Il buco nero in questione si trova al centro di M87, una galassia a circa 55 milioni di anni luce dalla Terra, con una massa 6,5 miliardi più grande del Sole, che ruota come le lancette dell’orologio e genera un’ombra nera del diametro di quaranta miliardi di chilometri. In questo buio è nascosto il buco nero: un gigantesco occhio dalla pupilla più nera di qualsiasi nero si possa immaginare, perché l’immensa forza di gravità di questo corpo celeste inghiotte anche la luce; una pupilla contornata da un’iride fiammeggiante composta dalla materia e dall’energia destinate a essere divorate.

Dopo che tre anni fa era stata scattata una sua prima immagine, ora gli astronomi sono riusciti a ottenere una nuova visione scoprendo come si comportano i campi magnetici in prossimità del suo margine esterno.

Ma perché la scoperta del suo “bordo” è importante? La luce polarizzata in prossimità dell’anello esterno del buco nero permette di mappare e mostrare chiaramente le linee del campo magnetico che si trova molto vicino al punto di non ritorno. La loro comprensione è fondamentale per capire quali parti del campo magnetico siano responsabili dei getti ad alta energia emessi dai buchi neri.

È la prima volta che si misura la polarizzazione della luce così vicino al “bordo”; essa può rivelare la natura dei gas che qui sono presenti, la loro temperatura e come cambiano mentre vi ruotano attorno, stabilendo un parametro per comprendere come gli stessi buchi neri crescono e come emettono radiazioni così potenti.

Noi di StaR abbiamo chiesto un commento a Giovanni Caprara, editorialista scientifico del Corriere della Sera, saggista, storico della scienza e dello spazio: “Avvicinarci ancor di più al fatidico orizzonte degli eventi è stato oltre che un’emozione umana una appassionante nuova tappa dell’osservazione degli oggetti forse più intriganti e misteriosi dell’universo. Roger Penrose ci ha portato a decifrare l’ardita fisica che li governa, poi la tecnologia, affinando i mezzi e la loro sensibilità, ci ha regalato prima la straordinaria immagine del circondario del fenomeno e ora un ulteriore dettaglio. Ma alle spalle della nuova impresa ci sono soprattutto gli scienziati che sono stati capaci di concepire le nuove indagini e poi ad unirsi in una mirabile collaborazione internazionale nell’affrontare l’eccezionale sfida. Così l’esplorazione del cosmo ha conquistato un nuovo passo avanti del quale, con legittimo orgoglio, sono stati protagonisti anche gli scienziati italiani”.  

Immagine in evidenza: Wikipedia