Bohr

Niels Bohr, il volto pacifista e unificante della scienza

Vita e opere di Niels Bohr, Nobel per le ricerche sulla struttura degli atomi e considerato uno dei padri della fisica quantistica moderna

Una combinazione di audacia e intuizione unita a un atteggiamento critico e prudente. Così appare la personalità di Niels Bohr agli occhi di Einstein, che lo definisce come «senza alcun dubbio, uno dei più grandi innovatori del nostro tempo».

Ed effettivamente è proprio a Bohr, scienziato danese nato a Copenaghen il 7 ottobre 1885, che la fisica classica deve il suo “salto quantico”. A coronamento dei suoi studi sullo spettro di emissione dell’idrogeno, Bohr formula un nuovo modello atomico che, a perfezionamento del precedente modello “planetario” di Rutherford, getta le basi della nascente fisica quantistica. L’intuizione dello scienziato è quella di considerare le orbite degli elettroni come orbite “quantizzate”, ovvero associate a un valore ben preciso di energia. Una scoperta che gli vale, nel 1922, il Nobel per la fisica, “per i suoi contributi nelle indagini sulla struttura degli atomi e delle radiazioni da loro provenienti”.

La passione che anima Bohr affonda le sue radici nel fertile terreno di famiglia. Cresce in un ambiente ricco e culturalmente stimolante. I “caminetti” organizzati in casa gli permettono, sin da giovanissimo, di assorbire confronti e discussioni che lo inducono a sviluppare un profondo interesse per le regole che governano la natura. È al padre Christian, professore di fisiologia all’Università di Copenaghen, che Niels riconosce il merito di avergli trasmesso la passione per la fisica. I suoi primi studi sull’analisi delle vibrazioni dei getti d’acqua per determinare la tensione superficiale, svolti proprio nel laboratorio del padre, gli varranno il suo primo riconoscimento, la medaglia d’oro dalla Royal Danish Academy of Sciences.

Ma non è solo la sete di ricerca per misteri della natura ciò che Bohr eredita dal padre. L’importanza della collaborazione e del confronto di idee che già aveva assorbito in tenera età saranno gli elementi che per tutta la vita caratterizzeranno il suo modus operandi. Nella mente di Bohr la scienza ha un volto umano, non conosce confini, è condivisa dai ricercatori di ogni nazione. È proprio questo lo spirito che nel 1920 lo induce a fondare la “Scuola di Fisica di Copenaghen”, destinata a diventare polo aggregante dei giganti intellettuali del periodo. La scoperta del dualismo onda-particella e la formulazione da parte di Bohr del principio di complementarietà, secondo il quale l’aspetto corpuscolare e l’aspetto ondulatorio non sono osservabili simultaneamente, diventano il fulcro di una prima interpretazione della meccanica quantistica, la cosiddetta Interpretazione di Copenaghen. Sono gli anni passati alla storia per le lunghe discussioni con Einstein, che mal digerendo la natura probabilistica della fisica nascente, arrivò a sostenere che «Dio non gioca a dadi con l’Universo».

Niels Bohr ed Albert Einstein nel 1925.
(Credits: Wikimedia Commons)

Forse neanche Bohr avrebbe mai immaginato che il suo animo pacifista e il suo spirito di condivisione lo avrebbero reso un punto di riferimento anche a Los Alamos, quando negli anni bui della seconda guerra mondiale si ritrovò a prendere parte al progetto Manhattan. «Bohr ci ha dato la possibilità di guardare con speranza a un’impresa che per altri versi ci sembrava macabra», dirà di lui Robert Oppenheimer, il fisico a cui spettava la direzione degli studi per la creazione della bomba atomica.

La potenza distruttiva del nucleare è monito di una nuova responsabilità per la comunità scientifica, dalla quale Bohr non si tira indietro. Anzi, ne diventa principale portavoce. Forte sostenitore del suo ideale di “mondo aperto”, in cui la fisica nucleare deve rendersi trasparente e al servizio del bene per gli Stati, scrive una lettera alle Nazioni Unite il 9 Giugno del 1950: «La fecondità dello scambio di esperienze e di idee tra gli scienziati da tutte le parti del mondo, è stata una grande fonte di incoraggiamento per tutti i partecipanti, ha rafforzato la speranza che un contatto sempre più stretto tra i popoli consentirebbe loro di lavorare insieme sul progresso della civiltà in tutti i suoi aspetti».

Con l’idea visionaria di usare la scienza per rimettere insieme un’Europa segnata dalla seconda guerra mondiale, Bohr, nel 1952, contribuisce alla nascita del CERN. Morirà dieci anni dopo, nella sua città natale. Ispirato dal padre diventerà lui stesso esempio e ispirazione per il figlio, Aage Niels, che nel 1975 replicherà perfino la conquista del Nobel. Pensare che Aage nacque proprio nel 1922, lo stesso anno in cui fu il padre a ricevere quell’onorificenza. Una profetica coincidenza, o forse una casualità. La storia si ripete. Come un lancio di dadi.

Immagine in evidenza: Niels Bohr nel 1950 (Credits: nbi archive)