Uno studio pubblicato su Plos One ha mostrato un modello di machine learning che permette di prevedere come evolverà la malattia nel medio periodo (dai 6 mesi ai due anni) e di farlo utilizzando i comuni dati medici. La ricerca è stata svolta dai membri di quattro dipartimenti diversi della Sapienza (quello di Ingegneria informatica automatica e gestionale, di Neuroscienze, salute mentale e organi di senso, di Fisica e di Fisiologia e farmacologia) in collaborazione con i fisici dell’Istituto dei Sistemi complessi del Cnr.

Sclerosi multipla e IA, nuovi algoritmi predicono la malattia

L’intelligenza artificiale permette di prevedere l’evoluzione per ogni singolo paziente

Uno studio pubblicato su Plos One ha mostrato un modello di machine learning che permette di prevedere come evolverà la sclerosi multipla nel medio periodo, dai 6 mesi ai due anni, e di farlo utilizzando comuni dati medici. La ricerca è stata svolta dai membri di quattro dipartimenti diversi di Sapienza (quello di Ingegneria informatica automatica e gestionale, di Neuroscienze, salute mentale e organi di senso, di Fisica e di Fisiologia e farmacologia) in collaborazione con i fisici dell’Istituto dei Sistemi complessi del Cnr.

La sclerosi multipla (SM) è la prima causa di disabilità neurologica tra i giovani, colpendo principalmente persone tra i 20 e i 50 anni. Il suo decorso è imprevedibile, varia da persona a persona e va da forme estremamente lievi a forme aggressive. Proprio questo rende difficile personalizzare i trattamenti e affrontare la malattia paziente per paziente. Il più delle volte, inizia con una forma recidivante-remittente, in cui si verifica un’alternanza fra fasi acute e fasi di remissione e poi evolve lentamente in una forma secondariamente progressiva, con un peggioramento della disabilità. Diversi farmaci risultano molto efficaci nel prevenire le ricadute, ma “quanto più efficace è il farmaco tanto più importanti sono gli effetti collaterali”, spiega Francesca Grassi del Dipartimento di Fisiologia e farmacologia Vittorio Erspamer. “Una predizione precoce del decorso invece consentirebbe di differenziare il trattamento in base alla aggressività prevista della patologia, riservando le terapie ad alto impatto solo ai pazienti a maggior rischio di progressione della malattia”.

Nello specifico, gli autori dello studio hanno operato su un database costituito dalle cartelle cliniche di 1624 pazienti seguiti presso l’ospedale universitario Sant’Andrea. I dati “grezzi” sono stati prima rielaborati per renderli utilizzabili dalle macchine per apprendimento automatico, poi sono stati analizzati con due diversi approcci. Uno basato sull’utilizzo delle informazioni cliniche relative a una singola visita medica, l’altro sull’intera sequenza di visite e dunque “orientato alla storia” clinica del paziente. L’uso dell’intelligenza artificiale in campo medico non è nuovo, ma fino ad esso si sta lavorando soprattutto sui dati di imaging e, in generale, i risultati non sono ancora adatti all’utilizzo clinico. Il punto di forza del modello proposto dal team Sapienza-Cnr invece risiede nella sua intuitività, visto che si avvale dei dati del “mondo reale dei pazienti e quindi di informazioni che i medici raccolgono di routine. Il prossimo passaggio sarà capire se questo modello di machine learning permette di prevedere l’evoluzione della malattia anche in tempi più lunghi.

Immagine di copertina via www.vpnsrus.com