circolari

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Il rabdomiosarcoma è un tumore dei tessuti molli molto diffuso in bambini e adolescenti. Da uno studio pubblicato su Nature Communication e svolto dal laboratorio di Irene Bozzoni, biologa molecolare della Sapienza università di Roma, è emerso che gli RNA circolari sono più espressi e che esistono proteine coinvolte nella loro produzione e che rendono il tumore più aggressivo. Ne parliamo con due dei tre primi co-autori di questo studio, Gaia Di Timoteo e Adriano Setti, che ci raccontano anche le caratteristiche di un articolo pubblicato su una rivista a così alto impatto

Qual è il vostro percorso accademico? 

Adriano: Mi piace sottolineare che ho iniziato il mio percorso scientifico provenendo da un liceo classico. Poi, all’università, ho studiato biotecnologie in triennale e genetica e biologia molecolare in magistrale. Durante il mio lavoro di magistrale mi sono avvicinato alla bioinformatica e questo mi ha portato a fare un dottorato in bioinformatica. Oggi sono assegnista di ricerca.

Gaia: Il mio percorso è iniziato da un liceo scientifico ed è continuato con una laurea triennale in biotecnologie, una magistrale in genetica e biologia molecolare e un dottorato di ricerca in genetica e biologia molecolare. Nel 2020 sono entrata a far parte del laboratorio della professoressa Irene Bozzoni come ricercatrice di tipo A.  

abbiamo capito che i circRNA caratterizzano le cellule tumorali del rabdomiosarcoma (G.DT

Come sintetizzereste il contenuto del vostro paper?

Gaia: Il nostro studio riguarda il rabdomiosarcoma, un tumore dei tessuti molli (grasso muscolo e tessuto connettivo) molto diffuso in bambini e adolescenti. Abbiamo cercato di capire in che modo si differenzia dai tessuti sani e abbiamo scoperto che sono presenti molecole che lo caratterizzano: una classe di RNA circolari. Queste particolari molecole di RNA vengono regolate da una modifica: un accessorio che la cellula mette sugli RNA perché siano marcati e perché vengano riconosciuti da proteine cosicché possano avere storie personalizzate all’interno della cellula. Abbiamo capito che non solo questi circRNA caratterizzano le cellule tumorali del rabdomiosarcoma ma anche i livelli di questa modifica che a sua volta regola i livelli dei circRNA. Quindi c’è un legame tra questi due aspetti del tumore.

Adriano: Abbiamo scoperto quali sono alcuni degli elementi che sono implicati in questo meccanismo e il macchinario molecolare coinvolto. Esistono alcune proteine che nel tumore sono più presenti che servono a produrre più RNA circolari alcune delle quali hanno meccanismi legati alla patologia del tumore. Quindi poiché i circolari sono più presenti nel tumore e addirittura possono renderlo più aggressivo, trovare il meccanismo che li genera può essere la chiave per pensare in futuro a nuove terapie che possano colpire il meccanismo che è alterato nel tumore. 

abbiamo scoperto che gli RNA circolari erano più presenti nel tumore e abbiamo identificato un macchinario molecolare implicato nella loro espressione (A.S)

Come funzionano le autorship nelle pubblicazioni? Cosa cambia tra primo e ultimo nome?  

Gaia: L’autorship riconosce ad ogni autore il lavoro che ha fatto. Il primo autore corrisponde alla persona che ha messo di più in termini di energie, di tempo e di contributi intellettuali. L’ultimo autore è il PI (Principal Investigator) ossia la figura più esperta, il capo che guida il progetto di ricerca e che dà il contributo economico. Io Adriano e Dario siamo co-primi autori. Nello specifico Dario è il primo dei primi autori perché questa ricerca è stata l’oggetto del suo dottorato, io mi sono affiancata perché il progetto gemmava da quello di cui mi ero occupata durante il mio dottorato e Adriano ci ha supportati come bioinformatico. 

Come vi siete divisi i compiti?

Gaia: La ricerca pubblicata è un follow up di un progetto frutto del lavoro mio e di Dario, era la mia tesi di dottorato, e che è già stato pubblicato. In quell’occasione avevamo studiato i circolari e il contributo che questa modifica poteva dare nella loro produzione. Dario ha osservato che questa modifica è più rappresentata nel rabdomiosarcoma e quindi abbiamo disegnato degli esperimenti. Noi sperimentali abbiamo preparato dei campioni che Adriano ha poi analizzato bioinformaticamente, per capire come questi RNA fossero espressi. Quindi noi abbiamo dato l’apporto sperimentale in senso stretto, Adriano si è occupato dell’analisi bioinformatica e Irene ha guidato tutto il progetto. Tutti gli autori hanno poi contribuito insieme ad estrarre un modello dai dati che avevamo.

Adriano: Dal punto di vista intellettuale è stato un lavoro di gruppo, dal punto di vista pratico io mi sono occupato di analisi dati. Si è trattato di mettere insieme quello che vedevo io e quello che vedevano loro, incastrare i pezzi fino ad arrivare a una storia che funzionasse.  All’inizio abbiamo cercato di capire, da un lato, se i circolari nel tumore fossero più o meno presenti e, dall’altro, quale potesse essere il macchinario molecolare implicato. A un certo punto abbiamo visto sia che i circolari erano più presenti nel tumore e sia che esisteva un macchinario implicato. In particolare, abbiamo scoperto che eliminando un pezzo del macchinario l’espressione dei circolari nel tumore scendeva e questo dimostrava che era implicato nella formazione dei circRNA. Devo dire che è stato molto emozionante.  

il nostro è un lavoro poco remunerativo, il monte di ore lavorative è alto e quindi tutto questo sommato alla pressione del numero diventa opprimente (G.DT)

Come arrivare a pubblicare su una rivista come Nature Communication?

Gaia: Secondo me molto è frutto della novità che uno porta e anche dal trend di quel momento. Poi, nel nostro caso, la chiave del progetto è stato il lavoro di squadra, la sinergia di tante persone a cui interessa arrivare allo stesso risultato. Sicuramente è necessaria una buona guida, Irene, che sappia direzionare l’interesse di tutti e che dia un ordine di priorità. 

Adriano: Secondo me un aspetto importante è il connubio tra la bioinformatica e la biologia molecolare. Prima dell’arrivo della bioinformatica, la biologia molecolare si basava su esempi: si prendeva una molecola, la si studiava moltissimo e da quello si deduceva il suo comportamento nella cellula. La bioinformatica invece permette di avere una visione d’insieme, di vedere tutte le molecole e di capirne le connessioni. Ovviamente poi il sistema deve essere studiato e perturbato per avere dati solidi dal punto di vista scientifico. Solo se ci sono questi due elementi, ossia la visione generale e gli esempi sviscerati, allora si ottiene un ottimo lavoro.  

Secondo voi qual è il giusto equilibrio tra numero di pubblicazioni e qualità? 

Gaia: Fino ad ora abbiamo avuto la fortuna di pubblicare sempre su buone riviste. Questo è il riflesso della fortuna di aver lavorato sempre in campi emergenti in cui si corrono molti rischi, ma anche una piccola scoperta può essere la chiave per altre successive. Personalmente, non preferirei pubblicare molti articoli a basso impatto. La ricerca che abbiamo appena pubblicato su Nature Communication è durata tre anni molto intensi e secondo me una ricerca fatta in questo modo è l’obiettivo per un dottorato di ricerca. Crescendo le cose cambiano, si diventa più esperti e si riescono a gestire più progetti per volta.

Adriano: Irene riesce ad ottenere molti finanziamenti e questa è una grande fortuna per noi perché ci permette di rischiare di più e di portare avanti buoni progetti di ricerca avendo ottimi strumenti a disposizione.  

Ci raccontate una vostra giornata tipo?  

Gaia: La nostra giornata inizia alle 9 ed è densa di esperimenti, riunioni, analisi e studio. Questo è un lavoro che non ha orari stabiliti per cui spesso la giornata lavorativa si prolunga fino a tardi. Per questo motivo è fondamentale trovarsi bene con i compagni del proprio gruppo di ricerca. E devo dire che noi siamo molto affiatati. 

Cosa cambiereste nel modo di fare ricerca?

Gaia: La pressione del numero (mediane, citazioni, articoli), specialmente del numero di articoli. Molte persone abbandonano la ricerca per via della pressione. Notoriamente il nostro non è un lavoro estremamente remunerativo rispetto al carico di ore lavorative, quindi tutto questo sommato alla pressione dei numeri può diventare opprimente. Un altro aspetto è che non abbiamo facilities interne all’università e questo rallenta molto il lavoro in un mondo che richiede molta velocità.  

non sempre dalle domande che ci poniamo otteniamo la risposta che desideriamo, ma non vuol dire che quelle non erano le domande giuste (A.S)

Adriano: La dinamica del publish or perish: è una logica di mercato per cui un ricercatore ha una forte pressione di pubblicare per ottenere dei finanziamenti. Questa cosa, secondo me, è una contraddizione per quello che è il senso della scienza, perché non sempre dalle domande che ci poniamo otteniamo dei risultati che portano ad un paper, ma non vuol dire che quelle domande non era giusto porsele. Oggi paga la pubblicazione, il risultato e la storia. Avere l’urgenza di pubblicare dei dati genera delle dinamiche sbagliate e un sacco di confusione e stress. Tanti ottimi studenti e ricercatori lasciano questo ambiente perché sopraffatti dallo stress. 

Dove vi vedete tra 5 anni?

Gaia: Spero di trovare il modo di fare ricerca, di farla bene e soprattutto di poterla fare qui in Italia: ho investito nella mia formazione qua. Mi piacerebbe continuare la carriera accademica e dedicarmi anche all’insegnamento. 

Adriano: Anch’io spero di fare della ricerca di qualità in Italia.

Gaia Di Timoteo, biologa e ricercatrice di tipo A presso il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin” della Sapienza Università di Roma

Adriano Setti, bioinformatico e assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin” della Sapienza Università di Roma

Sofia Gaudioso, biologa e comunicatrice della scienza. Sapienza università di Roma