Greencube

Coltivare verdure in un micro-orto spaziale: nasce Greencube

Con il primo volo di Vega-C sarà lanciato un micro-orto a seimila km dalla Terra. Gli scienziati vogliono studiare come si comportano le piante “sotto pressione”

Cubetti poco più grandi di un cellulare. 10x10x10 cm3: queste le dimensioni dei satelliti che costituiranno il primo orto spaziale. Orto che sarà lanciato a seimila km dalla Terra in occasione del volo inaugurale del vettore ufficiale Vega-C dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa). Il progetto si chiama Greencube ed è coordinato dal dipartimento di Ingegneria astronautica, elettrica ed energetica di Sapienza Università di Roma, in accordo con l’Agenzia spaziale italiana (Asi). Collaborano anche l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile (Enea) e il Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II di Napoli.

Poter coltivare verdure fresche nello spazio è importante in vista delle future esplorazioni spaziali con partecipazione umana”, spiega Fabio Santoni, del dipartimento di Ingegneria astronautica, elettrica ed energetica della Sapienza, responsabile scientifico del progetto. “Quando ci sarà la possibilità di coltivare piante a bordo, gli astronauti potranno avere nutrienti freschi. Bisogna, però, mettere a punto strumenti che permettano tale coltivazione”. Il prototipo del micro-orto spaziale è costituito da tre piccoli satelliti impilati uno sopra l’altro, è perciò un parallelepipedo di dimensioni 30x10x10 cm3. Le colture saranno di tipo idroponico a ciclo chiuso, ovvero prive di terreno agricolo: il rifornimento di acqua e di altre sostanze nutritive avverrà tramite un complesso sistema che garantirà un ciclo completo di crescita delle micro-verdure.

Ci aspettiamo di studiare come le piante possano crescere in un ambiente di micro-gravità”, afferma Santoni. “Le piante nello spazio cresceranno in un ambiente ipobarico cioè al di sotto della pressione atmosferica. Quando noi dimostreremo che le piante possono svilupparsi senza stress eccessivi in un ambiente a una pressione che è la metà di quella atmosferica, anche nell’esplorazione planetaria si potranno progettare serre molto più leggere ed efficienti di quelle attuali. Questo progetto, quindi, potrebbe rappresentare un’innovazione tecnologica anche per l’agricoltura terrestre”. È proprio l’innovazione tecnologica, infatti, uno degli obiettivi più importanti di Greencube. Il progetto è stato lanciato anche sulla spinta della New Space Economy, ovvero il processo per il quale, a partire da tecnologie spaziali, si sviluppano servizi innovativi utili per la vita di tutti i giorni. Secondo questa idea, lo spazio deve essere democratizzato. Più diventa accessibile, infatti, più c’è un passaggio di idee dagli esperti dello spazio agli altri scienziati.

Dentro un satellite della classe dei cubetti di Greencube, la capacità computazionale è simile a quella dei cellulari. Grazie al sistema standard con cui li abbiamo costruiti, possiamo avere piccoli laboratori in orbita a costi assolutamente accessibili per le università e per gli enti di ricerca”, conclude Santoni. “Anche i tempi sono notevolmente ridotti: dall’idea al lancio riusciamo a far passare pochi mesi. Mentre, fino a ora, potevano passare addirittura dieci anni. Questo è assolutamente innovativo”. Insomma, ci sono tutti i presupposti per ottenere grandi risultati da un progetto così “piccolo”.

Credits immagine: https://www.uniroma1.it/it/notizia/il-primo-micro-orto-orbita-coltivare-verdure-nello-spazio