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Addio a Masatoshi Koshiba, scopritore dei neutrini cosmici

È morto all’età di 94 anni Masatoshi Koshiba, vincitore del premio Nobel per la fisica 2002 per i suoi studi sui neutrini cosmici

È l’Università di Tokyo a dare la triste notizia: l’astrofisico Masatoshi Koshiba è morto a 94 anni per cause non note. Si unisce al cordoglio anche l’Università di Bologna, che gli aveva attribuito la laurea ad honorem nel 2005. Lo scienziato giapponese era il vincitore del premio Nobel per fisica nel 2002 ­— con Raymond Davis Jr. e Riccardo Giacconi — “per i contributi pionieristici all’astrofisica, in particolare per la scoperta dei neutrini cosmici”. Aveva infatti aperto le porte a una nuova branca dell’astronomia, risolvendo il cosiddetto problema dei neutrini solari.

Credits: Wikimedia Commons

Koshiba era un guerriero samurai della scienza: lungimirante, ferocemente competitivo e sorprendentemente competente”, ha scritto John Learned, suo collaboratore, in una mail. Nato nel 1926, era sopravvissuto a un’infanzia difficile, alla guerra e alla povertà, poi si era iscritto alla facoltà di Fisica, pur non essendo uno studente particolarmente brillante, dopo aver sentito il suo insegnante di quella materia denigrare le sue capacità. “Le sue affermazioni mi resero furioso, quindi iniziai a studiare fisica: ci sono cose che puoi ottenere nella vita nonostante gli scarsi risultati scolastici”, ha dichiarato lui stesso in un’intervista. E Koshiba è riuscito abbondantemente a dimostrarlo durante la sua carriera accademica, coronata da numerosi riconoscimenti, tra cui un Nobel.

Gli studi che gli valsero il prestigioso premio, in particolare, avevano come protagonisti i neutrini, particelle subatomiche la cui esistenza era stata predetta nel 1930 da Wolfgang Pauli. Secondo la teoria di Pauli, lo spazio era pieno di queste particelle che, prive di massa, viaggiano alla velocità della luce, interferendo raramente con il resto della materia. Ma, dagli esperimenti condotti negli anni successivi, risultava che, in realtà, dal Sole alla Terra arrivavano solo un terzo dei neutrini che sarebbero dovuti arrivare secondo la teoria di Pauli: c’era una discrepanza tra il numero di neutrini osservato e quello predetto dai modelli teorici, che gli scienziati chiamarono “problema dei neutrini solari” e che Koshiba risolse con un esperimento.

Nel 1983, lo scienziato giapponese costruì Kamiokande, un enorme serbatoio di acqua circondato da rilevatori elettronici, che percepivano i lampi di luce prodotti quando i neutrini interagivano con i nuclei atomici delle molecole d’acqua. Grazie a Kamiokande, nel 1986, Koshiba riuscì a rilevare i neutrini derivati dall’esplosione di una supernova, e nel 1996, trovò forti prove del fatto che, in realtà, queste particelle esistono in tre tipi e che oscillano da una forma all’altra mentre viaggiano, diventando non più rilevabili. La scoperta di questa proprietà non solo ha risolto il “problema dei neutrini solari”, ma ha anche aperto le porte all’“astronomia dei neutrini”, branca dell’astrofisica affascinante e ancora per molti versi misteriosa.  

Koshiba dedicò gran parte della sua vita all’insegnamento e ai giovani. Insegnò all’Università di Tokyo dal 1963 al 1997, e anche dopo essere andato in pensione continuò a impegnarsi in opere filantropiche ed educative: usò, ad esempio, i soldi vinti con il premio Nobel per creare un fondo per gli studenti con scarsa disponibilità economica. Ma il suo lascito, sicuramente, non è solo economico, ma anche didattico, visto che poi nel 2015 Takaaki Kajita ha vinto il premio Nobel per aver scoperto che i neutrini hanno una massa: era uno dei suoi studenti.

Credits immagine in evidenza: Kamiokande Observatory, ICRR (Institute for Cosmic Ray Research), The University of Tokyo