Nel 1991, l’attivista e politica birmana Aung San Suu Kyi si trovava agli arresti domiciliari a causa della sua opposizione al regime militare, quando ricevette la notizia dell’assegnazione del premio Nobel per la pace per la sua “lotta non violenta a favore della democrazia e dei diritti umani”. Solo nel 2010 avrebbe riottenuto la piena libertà, per poi vincere le prime elezioni libere nella storia della Birmania nel novembre 2015. (Credits immagine: Wikimedia Commons)
Il giornalista tedesco Carl von Ossietzky, strenuo oppositore di Hitler negli anni ’30, si trovava in un campo di concentramento nel 1935, quando l’Accademia svedese gli conferì il Nobel per la pace. (Credits immagine: Wikimedia Commons)
L’americano Daniel Carleton Gajdusek, Nobel per la Medicina 1976 per l’identificazione del virus del kuru, una malattia del sistema nervoso un tempo molto diffusa tra gli aborigeni della Nuova Guinea, detiene invece il poco invidiabile record di essere l’unico premio Nobel finito in carcere per un crimine non legato alla politica. Gadjusek fu processato e condannato a metà degli anni ’90 per aver compiuto atti di pedofilia verso uno dei tanti bambini aborigeni che aveva accolto in casa sua e adottato legalmente. Il medico americano scontò un anno di prigione tra il 1997 e il 1998, prima di trasferirsi in Europa fino alla morte, avvenuta nel 2008. (Credits immagine: Firefax media)
È a lieto fine anche la storia di Kim Dae-Jung, a lungo leader del partito democratico sudcoreano e Nobel per la pace nel 2000. Nel 1980 fu condannato a morte dal regime militare del generale Chun-Doo Hawn, ma la pena fu prima commutata in ergastolo e poi sospesa. La sua battaglia politica continuò e i suoi sforzi furono premiati nel 1997, quando vinse le elezioni avviando un processo di democratizzazione del paese che dura ancora oggi. (Credits immagine: Wikimedia Commons)
È invece ancora drammaticamente aperto il caso di Liu Xiaobo, lo scrittore e docente cinese condannato nel 2009 a undici anni di reclusione per la sua adesione al movimento “Charta 08”, promotore dei diritti civili in Cina. Xiaobo, che si trova tuttora in carcere, non ha ancora potuto ritirare il Nobel per la pace assegnatogli nel 2010. (Credits immagine: Flickr)
Ma è senza dubbio Nelson Mandela il caso più noto tra i Nobel costretti a una lunga prigionia. La sua lotta all’apartheid, la politica di segregazione razziale vigente in Sudafrica per buona parte dello scorso secolo, è diventata un simbolo universale di opposizione al razzismo. Gli costò ben ventisette anni di carcere, tra il 1964 e il 1990, prima di ricevere il Nobel per la pace nel 1993 e diventare presidente della Repubblica un anno dopo. (Credits immagine: Flickr)
Il chimico tedesco Otto Hahn, scopritore della fissione nucleare dell’uranio, fu invece arrestato dalle forze alleate nel 1945 e internato a Cambridge, in Inghilterra, insieme ad altri nove fisici tedeschi (tra cui i futuri premi Nobel Max von Laue e Werner Heisenberg). Nello stesso anno, gli fu assegnato il Nobel per la chimica relativo al 1944, che potè ritirare solo nel dicembre del 1946. (Credits immagine: Wikipedia)
In questo periodo anche l’economista indiano Rajendra Pachauri, leader dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) premiato con il Nobel per la pace nel 2007, deve affrontare una pesante accusa: nel febbraio 2015 una giovane ricercatrice dell’IPCC lo ha accusato di molestie sessuali e stalking. Concluse le indagini, il 75enne Pachauri è stato denunciato dalla polizia di New Delhi e ora rischia di subire un processo. (Credits immagine: Flickr)
Il caso di Lech Walesa è solo l’ultimo di una lunga serie di premi Nobel costretti, loro malgrado, a doversi difendere da gravi accuse di fronte a un tribunale, o a trascorrere lunghi periodi in carcere. (Credits immagine: Wikipedia)
A parte il caso Gadjusek, gli altri Nobel finiti dietro le sbarre sono soprattutto perseguitati politici.
Le storie forse più emblematiche sono quelle relative ai quattro premiati di Stoccolma che hanno appreso in stato di prigionia la notizia dell’assegnazione del premio, nella maggior parte dei casi a causa della loro opposizione a regimi totalitari. (Credits immagine: Pixabay)
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