Sottomarini e insetticidi “ignobili”

Sottomarini e insetticidi “ignobili”

Un IgNobel è un premio che fa prima ridere e poi pensare, secondo la rivista di umorismo scientifico Annals of Improbable Research. Premiati quest’anno anche insetticidi per sottomarini, con uno studio del 1971

Chissà se il sottomarino giallo dei Beatles era davvero un sottomarino. La domanda è lecita, visto che sottomarini e sommergibili tecnicamente non sono la stessa cosa. Eppure, questi due mezzi vengono spesso confusi, fin dai primi anni del Novecento, quando vennero sviluppati. Oggi, nel 2021, i sottomarini tornano alla ribalta con un IgNobel assegnato a uno studio datato 15 ottobre 1971. Tuttavia, ai premi IgNobel (quasi) tutto è concesso, anche un coraggioso salto temporale come questo. Lo studio è sul controllo nei sottomarini della Blattella germanica (Blatodea: Blattellidae), scarafaggio d’interesse sanitario anche oggi, che può infestare mense e ristoranti. La sua eliminazione ha rappresentato, anche nell’America del 1971,“un’opportunità unica e stimolante per gli entomologi della Marina degli Stati Uniti”. L’obiettivo era cercare un protocollo sicuro, economico ed efficace, da raccomandare sulle imbarcazioni U.S. Navy. Nel lavoro si trattavano 8 sottomarini con dichlorvos spray (6,5%) e 3 di questi con un’esca a base di propoxur (2%): con il dichlorvos il controllo dell’insetto è stato superiore al 97% dopo 24 ore; il propoxur agiva invece sulle ninfe che si schiudevano dalle uova non colpite dal dichlorvos. È stata anche valutata, prima e dopo ventilazione, la concentrazione residua del dichlorvos, che permaneva ma scendeva a livelli di sicurezza entro le 4 ore. Diventava questo, infine, il metodo allora raccomandato dalla Marina americana.

Tornando alle differenze tra i due mezzi, i sottomarini sono navigli pensati per solcare i mari esclusivamente sotto il pelo dell’acqua; ben altro sono i cugini sommergibili che, con il suffisso -ibile, rivelano che è solo una possibilità la loro, quella di agire sott’acqua, mentre per un sottomarino è una condizione necessaria. E lo stesso vale anche nella lingua inglese (submarine e submersible).

Il Nautilus, invece, sottomarino o sommergibile? Innanzitutto, va chiarito di quale stiamo parlando. Nautilus si chiamava sia il primo battello sommergibile ideato da Robert Fulton nel 1801, che quello del capitano Nemo nei romanzi di Jules Verne, nonché il mezzo varato dalla Marina americana nel 1954, con l’aggiunta della sigla SSN-571. Tra questi tre, soltanto l’ultimo era un vero e proprio sottomarino a propulsione nucleare dove il reattore, anche sottacqua, riusciva ad alimentare due turbine che attivavano altrettante eliche. Certo, ancora troppo rumoroso rispetto ai sottomarini varati dopo, più silenziosi e quindi più adatti alle operazioni top secret che si confanno a un sottomarino. Il Nautilus SSN-571 fu comunque protagonista della guerra fredda con l’Operation Sunshine, la prima traversata subacquea del Polo nord. Oggi gode il meritato riposo nel Submarine Force Museum di Groton, ma al momento è in manutenzione fino alla primavera 2022.

Ma esistono ancora questi navigli? Stando al recente “caso sottomarini” legato al patto Aukus tra USA, Regno Unito e Australia per la sicurezza nel quadrante indo-pacifico, sembra proprio di sì. Era previsto che la Francia dotasse Canberra di una flotta di sottomarini nucleari, ma quando Joe Biden a Emmanuel Macron è parso dubbioso, la Francia ha richiamato i suoi ambasciatori da America e Australia. In conclusione, i sottomarini esistono e godono ottima salute, al punto da minare quella delle potenze mondiali. Non è stato fuori luogo, dunque, assegnare l’IgNobel per l’entomologia di quest’anno a un “nuovo” metodo di controllo degli scarafaggi sui sottomarini; forse, giusto un tantino fuori tempo, trattandosi di un paper pubblicato 50 anni fa.

Un problema ancora attuale, comunque, il controllo della Blattella germanica; oggi è considerata uno dei peggiori attori dell’inquinamento urbano, con possibili risvolti sulla salute pubblica. Non c’è da scherzare, quindi: prima pensare che ridere. E la ricerca continua a registrare crescenti fenomeni di resistenza dello scarafaggio agli insetticidi tradizionali; meglio approcci combinati con altre strategie, come quelle ambientali. Ma questo, gli autori di un paper del 1971 non potevano certo saperlo.

Immagine in evidenza: B. germanica, imm. modificata da Book of Monsters (1914) {credit:Wikimedia Commons, public domain}