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Femmine contro maschi? No, testosterone contro Covid-19

Gli uomini sono circa il 60% dei malati e sono più colpiti tra i 60 e i 79 anni. Anche la letalità è superiore a quella delle donne. A causa forse del testosterone: da questa differenza di genere potrebbe nascere un’opportunità di trattamento

Molti sono gli studi sull’infezione Covid-19: da quelli sul meccanismo d’azione del virus e i sintomi a quelli che cercano terapie e vaccini. In particolare, uno pubblicato su Metabolism e incentrato sulla diversa prevalenza della malattia tra uomini e donne, ha individuato nel testosterone un ormone chiave, con un suo possibile ruolo nel trattamento dell’infezione. È il lavoro – Testosterone, a key hormone in the context of the COVID-19 pandemic – di Andrea Lenzi, del Dipartimento di Medicina sperimentale di Sapienza, docente di Endocrinologia e coordinatore dell’unità Endocrinologia, Malattie del Metabolismo e Andrologia del Policlinico Umberto I, e Paolo Pozzilli, docente di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo all’Università Campus Bio-Medico di Roma e Direttore di Endocrinologia e Diabetologia del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico.

Il punto di partenza precisato da Pozzilli è che “i valori di testosterone negli uomini presentano un ampio range di variazione e sono normalmente più bassi negli uomini anziani, i più colpiti dal virus”. In precedenti studi si è vista una correlazione tra diminuzione dell’ormone e aumento dello stato infiammatorio e che il trattamento con testosterone riduce i livelli di alcuni messaggeri dell’infiammazione, le citochine. La sua diminuzione “può anche causare una ridotta attività dei muscoli respiratori”, continuano gli autori, e le due condizioni insieme potrebbero determinare un “peggioramento della prognosi dell’infezione Covid-19”. Dall’ipotesi che il testosterone abbia un ruolo negli eventi che causano la progressione della malattia – aumento dello stato infiammatorio e ridotta funzionalità polmonare – nasce il suggerimento dei due medici di “considerare il testosterone come un trattamento per ridurre il rischio di aggravamento dei sintomi, soprattutto polmonari, nei soggetti positivi all’infezione e con bassi livelli di ormone”.

Ma il troppo stroppia: il noto proverbio e il professor Lenzi ci mettono in guardia. “Anche quando il testosterone funziona troppo si può avere un problema”. Tmprss2 (Transmembrane Serine Protease 2) è una proteina di membrana delle cellule umane essenziale per la diffusione del virus nell’organismo, perché funziona da serratura per la proteina di superficie spike, la chiave che usa il virus. La presenza e l’azione di Tmprss2 sono regolate dai recettori per gli androgeni, la famiglia del testosterone, quindi si ritiene che l’attività dell’ormone come modulatore possa essere connessa alla prevalenza dell’infezione nel genere maschile. Per cui l’impiego di inibitori degli androgeni per regolare l’attività di Tmprss2, secondo Pozzilli e Lenzi, apre l’orizzonte a “un possibile uso della proteina come target terapeutico nei maschi affetti da infezione Covid-19. E dato che Tmprss2 è presente anche a livello polmonare, l’inibizione degli androgeni offrirebbe l’attraente possibilità di prevenire o trattare i sintomi respiratori.

Si tratta quindi di uno studio ancora in fase iniziale e gli stessi autori sottolineano che è “un bisogno urgente quello di chiarire il ruolo del testosterone nell’infezione Covid-19, e di validare l’uso di inibitori degli androgeni, così come quello di avviare studi su popolazioni di pazienti in cui il suo impiego è controindicato”. Ma dà speranza. E la speranza è più contagiosa del virus.

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