museo botanico presso orto botanico Padova

Arteorto

Elena Canadelli, Responsabile scientifica del Museo Botanico presso l’Orto Botanico dell’Università di Padova, ci racconta dell’incontro fra arte e scienza a partire dalle collezioni presenti nel museo e ripercorrendo la storia degli erbari dal Cinquecento ad oggi 

Dove si incontrano arte e natura e arte e collezionismo?

Il rapporto tra arte, natura e scienza è molto ricco e profondo nelle diverse epoche, ogni secolo lo ha interpretato a suo modo. Al Museo Botanico presso l’Orto Botanico dell’Università di Padova, abbiamo voluto raccontarne un pezzo attraverso l’esposizione di erbari essiccati. Della nostra collezione composta da 800 mila esemplari di erbario, ne abbiamo scelti un centinaio che dessero un punto di vista legato ai simboli, all’arte, alla cultura e alla medicina. Per esempio, abbiamo deciso di esporre alcuni campioni che vengono dalle mani di Filippo De Pisis, un artista e poeta ferrarese dei primi del Novecento che da giovanissimo aveva raccolto un proprio erbario donato poi all’Università di Padova. L’importanza dei fogli di erbario fatti non da botanici professionisti ma da artisti è che permettono uno sguardo rivolto alla poetica e all’estetica della pianta. Un esempio di oggi invece è L’erbario assoluto del collettivo artistico fuse* che esponiamo a Padova dove le illustrazioni e i fogli di erbario digitalizzati sono stati usati per rielaborare con l’intelligenza artificiale gli elementi fondamentali delle piante. Queste sono opere che non sono avulse dallo studio scientifico delle piante e delle loro forme, ma sono integrazioni di punti di vista. Tra questi non professionisti si possono citare la passione per la botanica di Emily Dickinson e la passione per i licheni del poeta italiano del Novecento Camillo Sbarbaro. La connessione però è anche tra scienza e arte, infatti molti botanici hanno un’affinità per il mondo artistico.  Ad esempio, Achille Forti era un botanico, di cui conserviamo a Padova la collezione molto ricca di alghe da tutto il mondo del primo Novecento, che aveva una collezione artistica di quadri e di sculture che ha donato al Comune di Verona. Questi sono esempi meno noti di Klimt o di Klee, ma ugualmente interessanti. 

Il rapporto tra arte, natura e scienza è molto ricco e profondo nelle diverse epoche, ogni secolo lo ha interpretato a suo modo. La connessione è anche tra scienza e arte, molti botanici hanno un’affinità per il mondo artistico come Achille Forti

Chi collezionava e come è cambiata questa figura nel tempo? 

La storia che raccontiamo a Padova parte da metà del Cinquecento fino ai primi del Novecento e fino ad oggi, perché nella maggior parte dei casi gli erbari sono aperti e quindi si arricchiscono di pezzi che entrano in queste collezioni. A metà del Cinquecento col termine erbario si indicavano anche i libri illustrati che si diffondono, tra cui i trattati di botanica medica. In quell’epoca al mondo vegetale si guardava soprattutto per la farmacopea, e quindi il tema principale era il riconoscimento di queste piante. Quindi, alla metà del Cinquecento, era molto comune il fenomeno degli erbari illustrati, ossia libri a stampa con le illustrazioni, ma nasceva anche l’erbario essiccato. A quest’epoca appartengono le collezioni di Luca Ghini, Ulisse Aldrovandi e Andrea Cesalpino. La particolarità di queste collezioni è che risalgono a prima della classificazione di Linneo e che sono a forma di libro. All’epoca sono soprattutto medici farmacisti che collezionavano le piante. Nel Settecento, Linneo ha rivoluzionato gli erbari: le piante non vengono più incollate in un libro ma attaccate attraverso fascette removibili su dei fogli e la loro classificazione può cambiare nel corso del tempo in maniera più agevole. In quest’epoca nascono quindi i botanici come li conosciamo noi oggi e la botanica diventa una disciplina autonoma dalla medicina. A partire dal Settecento in poi abbiamo un collezionismo che proviene sia dai botanici che da poeti, artisti o semplici appassionati di piante tra cui cito il filosofo Jean-Jacques Rousseau, che oltre ad avere un erbario ha scritto anche di filosofia botanica, e la poetessa Emily Dickinson. Ancora oggi, ci sono tantissimi appassionati che hanno il loro erbario come forma di intrattenimento.  

Nel Settecento, Linneo ha rivoluzionato gli erbari: le piante sono classificate secondo criteri moderni e condivisi. Nascono i botanici come li conosciamo oggi e la botanica diventa una disciplina autonoma
A partire dal Settecento abbiamo un collezionismo che proviene sia dai botanici che da poeti, artisti o appassionati di piante, tra cui Jacques Rousseau e Emily Dickinson. 

Qual è il futuro delle collezioni?

È importante continuare ad arricchirle per capire la biodiversità e i suoi trend. Avere una collezione di un lungo periodo permette di comprendere come cambiano le piante anche in una certa area geografica, anche se gli erbari precedenti a Linneo spesso non hanno informazioni relative alla data o al luogo di raccolta perché questi dati iniziamo ad averli in maniera sistematica solo alla fine del Settecento. Inserire le informazioni degli erbari in un grande database insieme alla digitalizzazione delle collezioni e condividerle a livello internazionale permette studi scientifici molto importanti. Noi stiamo assistendo a un cambiamento climatico molto veloce, per cui registrare quello che sta avvenendo adesso e quello che è accaduto in passato, condividere i dati e le immagini in questi grandi database, ci aiuta a vedere le tendenze e a intervenire nel presente e nel futuro. 

Stiamo assistendo a un cambiamento molto veloce, per cui registrare quello che sta avvenendo adesso e quello che è accaduto in passato, condividere i dati in database, ci aiuta a intervenire nel presente e nel futuro

Secondo lei è cambiato il nostro rapporto con la natura?

È cambiato molto nel corso dei secoli. A partire dall’Ottocento, in Europa, forse per l’industrializzazione crescente, inizia uno stacco molto significativo tra l’elemento naturale, selvaggio, e la vita della maggior parte delle persone al di là delle campagne. Dall’inizio del Novecento avviene un importante cambiamento: si inizia ad avere la percezione della protezione della natura. Essa non è più percepita come un pericolo, ma come qualcosa da preservare e salvare. Ancora oggi, tantissime specie vegetali e animali ci sono ancora ignote, così come le loro abitudini di vita e quindi dal punto di vista dello scienziato e della scienziata è un territorio ricchissimo, di cui resta ancora molto da scoprire. 

Che simboli hanno avuto le piante, la natura, nel corso del tempo? 

Ce ne sono diversi e, al Museo Botanico di Padova, cerchiamo di rappresentarli anche attraverso una turnazione dei fogli di erbario. Sicuramente, nel corso della storia la natura ha avuto un forte legame con la pittura, dalle piante utilizzate da Van Gogh risalendo a quelle visibili nella pittura rinascimentale, che essendo molto legata al tema religioso contengono significati simbolici legati ai santi e alla religione. Anche la mitologia classica ha un legame con la natura, per cui si può vedere come certe piante, a partire dalla cultura greca e romana, evolvano nel tempo per simboleggiare qualcosa. Ad esempio, il cipresso che ha un determinato significato in quelle culture classiche viene riutilizzato da Arnold Böcklin, come simbolo, nei suoi dipinti. Poi, le piante hanno anche proprietà medicinali e di conseguenza non possono non avere un tipo di simbologia legata a questo aspetto. Vi è un legame molto profondo tra piante e culture umane legato a usi e conoscenze, ma anche a simbologie ed eventi culturali di epoche anche antichissime, e che ritorna in forme diverse, dalla pittura alla scultura fino alla poesia. 

È un legame molto profondo quello tra piante e culture umane legato a usi e conoscenze, a simbologie ed eventi culturali di epoche anche antichissime, e che ritorna in forme diverse, dalla pittura alla scultura fino alla poesia

Lei è la Responsabile scientifica del Museo Botanico di Padova. Come avete costruito il Museo? 

Il Museo è stato inaugurato un anno fa. Con me lavora un team di persone altamente qualificate e con competenze diverso. Nel campo della botanica, per esempio, la conservatrice Rossella Marcucci, che si occupa delle collezioni, oppure la tecnica delle collezioni Dalila Giacobbe, che si occupa delle condizioni di conservazione degli esemplari, che nel Museosono periodicamente turnati per garantirne la preservazione. È un lavoro molto faticoso perché alla sostituzione dei pezzi si associa anche la scrittura delle nuove didascalie, anche in inglese, con le storie delle piante che esponiamo. Abbiamo in esposizione anche dei libri che vengono dalla Biblioteca storica di medicina e botanica “Vincenzo Pinali – Giovanni Marsili”, per far vedere ai visitatori le illustrazioni botaniche e anatomiche, non solo attraverso gli erbari, ma con straordinari volumi conservati in biblioteca. Un anno fa si è deciso è di armonizzare il Museo Botanico nel complesso dell’Orto Botanico grazie alla collaborazione tra il Centro di Ateneo per i Musei dell’Università di Padova e il Centro Orto Botanico dell’Università di Padova, guidato dal prefetto Tomas Morosinotto, e che vede coinvolti anche i giardinieri, i ricercatori botanici e l’Ufficio eventi permanenti, oltre al settore del patrimonio museale e librario, con il Centro di Ateneo per le biblioteche. Gli orti botanici sono realtà molto complesse che vedono all’opera tante professionalità diverse sia dal punto di vista gestionale e dei visitatori che scientifico e culturale, con le collezioni didattiche e di ricerca. 

Abbiamo deciso di dare una narrazione di taglio storico al Museo Botanico di Padova, raccontando la storia della botanica medica e culturale delle piante, oltre alla storia dell’Orto

Cosa prevede per il futuro?

Uno dei progetti futuri è quello di digitalizzare le collezioni, per entrare proprio in questo framework globale di lavoro sulle collezioni dei grandi erbari. Padova ha collezioni piuttosto rilevanti. Poi, vorrei accrescere la conoscenza del nostro patrimonio storico, anche grazie a un taglio sempre più interdisciplinare: è molto importante, ad esempio, che una persona che viene dalla storia della scienza dialoghi con il mondo della botanica. Penso che l’approccio interdisciplinare arricchisca molto la prospettiva da cui si guardano queste cose, senza togliere ovviamente l’approfondimento scientifico – molecolare, tassonomico, sistematico – del mondo delle piante. 

Ci sono delle opere a cui è particolarmente legata che si occupano di natura e che ci consiglierebbe? 

Sicuramente, una lettura interessante è il libro su Emily Dickinson e il suo giardino. Mi sentirei però di consigliare le poesie di Camillo Sbarbaro dedicate ai licheni e agli erbari. Sbarbaro è un autore al quale sono molto affezionata e che apre uno sguardo poetico su questo mondo, è stata una delle fonti di ispirazione per la progettazione del Museo Botanico di Padova. Questo autore si concentra sui licheni, ma anche sugli erbari come luoghi in cui si può viaggiare con l’immaginazione e con la scienza, ci fa vedere questi luoghi, che noi pensiamo asettici, ma che sono ricchi di storia. Infatti, sui fogli di erbari ci sono tante tracce di storia, ad esempio, vengono usati come bustine i fogli di giornale dell’epoca o lettere personali, e in questo modo anche collezionisti e collezioniste che a noi oggi dicono poco emergono da questi fogli come parte di una comunità di raccoglitori e cercatori di piante. Poi, un bel libro uscito qualche anno fa legato alla cultura dell’erbario è Il botanista di Marc Jeanson che lavora al Museo di Storia Naturale di Parigi e che dà un’idea di che cosa siano questi grandi contenitori botanici ricchi di storia, ma anche delle persone che si occupano quotidianamente di queste collezioni, è davvero una lettura affascinante. 

Mi sentirei di consigliare le poesie di Camillo Sbarbaro dedicate ai licheni e agli erbari. Sbarbaro è un autore che apre uno sguardo poetico su questo mondo, è stata una delle fonti di ispirazione per la progettazione del Museo Botanico di Padova

E un museo che consiglia di visitare? 

Un museo che mi ha ispirato molto è quello di Storia Naturale di Londra. Anche se è un museo che ha tante cose per i bambini, stanno introducendo molte esposizioni di natura storica e riflessione storica sulle loro collezioni. La parte che più mi ha ispirato è una galleria permanente dedicata ai pezzi più importanti della loro collezione. Ma anche la galleria dedicata all’illustrazione naturalistica, dove l’obiettivo è far capire al visitatore a cosa essa serva e perché è importante sia come forma di divulgazione che di conoscenza delle forme della natura. Questo spazio mi ha molto suggestionato e ho cercato di seguirlo anche nel museo a Padova. L’idea è quella di fissare e rappresentare per far comprendere la natura attraverso elementi materiali e visivi – erbari, illustrazioni naturalistiche e mediche, modelli in cera, tavole parietali (tabelloni didattici). Infine, ovviamente, consiglio il Museo Botanico di Padova. Vi aspettiamo! 

Elena Canadelli, storica della scienza, Professoressa di Storia della Scienza presso il Dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità DiSSGeA – Università degli Studi di Padova e Responsabile scientifica del Museo Botanico presso l’Orto Botanico dell’Università di Padova. Fa parte del National Biodiversity Future Center, Spoke 7, per la linea sulla digitalizzazione delle collezioni naturalistiche italiane