eliana billi e sironi

Eliana Billi, la restauratrice dell’Aula Magna di Sapienza

Nel 2017 si è concluso il restauro del murale di Sironi nell’Aula Magna di Sapienza, condotto in collaborazione tra Università e Istituto centrale per il restauro (ICR) e diretto da Eliana Billi, restauratrice e ricercatrice dell’ateneo

Dopo un attento restauro durato tre anni, è tornato alla sua facies originaria il dipinto murale che Mario Sironi realizzò nell’Aula Magna dell’ateneo romano nel 1935. Abbiamo chiesto ad Eliana Billi, direttrice dei lavori, di raccontarci del restauro del murale e della collaborazione tra Sapienza e ICR.

Ci racconta brevemente il suo percorso formativo e lavorativo?

“Dopo la laurea in Storia dell’Arte in Sapienza e la laurea all’ICR, ho conseguito, sempre presso l’ateneo romano, prima la specializzazione e poi il dottorato di ricerca in Storia dell’Arte. Nel frattempo lavoravo come restauratrice ricoprendo ruoli diversi, da semplice collaboratrice a direttore tecnico di cantiere. Dopo tanti anni di docenza a contratto in diversi atenei italiani, ho vinto il concorso in Sapienza nel 2015. Ora sono ricercatrice a tempo determinato di tipo B (RtdB) presso il Dipartimento SARAS della Facoltà di Lettere. Mi dedico a tempo pieno alla ricerca e alla didattica”.

Cosa ha significato per lei poter dirigere il cantiere di restauro del dipinto di Sironi?

“Il restauro del grande murale di Mario Sironi, L’Italia tra le Arti e le Scienze, è stato un momento molto importante del mio percorso professionale. La mia doppia formazione mi ha permesso di dirigere un restauro complesso, sia per questioni critiche che per aspetti tecnici.

Cosa rendeva l’intervento di restauro particolarmente complesso?

L’affresco aveva subito un invasivo intervento di censura antifascista nel dopoguerra. Già nel 1944 era stato coperto con una carta da parati incollata su tutta la superficie e in seguito rimossa, non senza provocare gravi danni alla pellicola pittorica. Nel 1950 si decise di nascondere i simboli del fascismo con pesanti ridipinture che rendevano la superficie opaca e scura. Dopo un lungo dibattito che ha visto coinvolte importanti personalità del mondo dell’arte, come Philippe Daverio, Emilio Gentile, Antonio Paolucci, Renato Barilli e Paolo Portoghesi, si è deciso di riportare l’affresco alla sua facies originaria. Le operazioni di pulitura sono state molto complesse. Per eliminare le ridipinture, realizzate con una grande varietà di materiali, abbiamo messo a punto, a seconda della zona da trattare, un sistema ad hoc.”

Cosa pensa della collaborazione siglata in occasione di questo restauro tra Università Sapienza e ICR?

“L’ateneo conserva un suo patrimonio artistico che ultimamente è al centro degli studi del nostro Dipartimento. Grazie alla collaborazione con l’ICR, abbiamo recentemente restaurato sculture e dipinti della collezione Sapienza in accordo con la Soprintendenza speciale di Roma. Come per il murale di Sironi, la collaborazione si muove con unità di intenti e metodi, per conservare e restaurare il patrimonio e promuoverne la conoscenza. In quest’ottica, oltre al restauro, sono stati realizzati una mostra, un catalogo e la SironiApp, sviluppata dal Dipartimento di Informatica dell’ateneo. Si tratta di un’applicazione che sfrutta la realtà aumentata (AR) per raccontare, nel dettaglio, la storia dell’opera, dalla realizzazione al restauro”.

A proposito di nuove tecnologie, che ruolo può avere il digitale nel mondo del restauro?

“Si parla già da molto tempo di ‘restauro virtuale’, ovvero della possibilità di manipolare digitalmente le immagini per ricostruire, sia in termini bidimensionali che tridimensionali, le parti mancanti. Questo potrebbe in parte rappresentare un rischio per il valore storico delle opere: è un approccio che pone l’estetica al centro dell’attenzione. D’altra parte, si tratta di un ulteriore strumento per ampliare la nostra conoscenza. In generale, il digitale svolge un ruolo importante nel mondo dell’arte e del restauro.

Oltre alla SironiApp, come avete utilizzato le tecnologie digitali durante il restauro?

“Grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura, è stata realizzata la scansione laser 3D dei 140 mq che decorano l’abside dell’Aula Magna. Un lavoro prezioso per tutte le fasi di documentazione del restauro. E’ stato inoltre condotto un progetto di ricerca dal Dipartimento di Psicologia. Attraverso l’analisi dei movimenti oculari al cospetto dell’opera, sono stati indagati i meccanismi cognitivi alla base della percezione e della fruizione delle arti visive”.

Il cantiere di restauro sembra essere un luogo di lavoro multidisciplinare, è così?

“Assolutamente sì. Il restauro, soprattutto quando si ha la fortuna di lavorare su progetti importanti, è un lavoro di squadra, complesso e avvincente. La storia insegna che, quando le collaborazioni sono ottimali, il restauro riesce al meglio nei suoi intenti di conoscenza e conservazione”.

Quale ruolo può svolgere il restauro nell’ampio universo della “conoscenza”?

“Per esperienza so che il restauro avvicina all’arte anche i non addetti ai lavori. Per questo motivo dovrebbe essere utilizzato per sviluppare la conoscenza e formare una ‘coscienza’ della tutela del patrimonio artistico. Durante il lavoro sull’affresco di Sironi, abbiamo aperto il cantiere non solo a studenti dell’Ateneo e dell’ICR, ma anche a quelli delle scuole. Il ‘progetto Sironi’ ha coinvolto i licei artistici romani per l’alternanza scuola-lavoro. Gli studenti hanno frequentato i ponteggi per alcune settimane, entrando così nel vivo del lavoro dei restauratori. Spero che le nuove tecnologie possano darci una mano ad avvicinare al nostro mondo professionale sempre più persone”.