La lateralizzazione e l'asimmetria cerebrale: ciò che ha reso l’uomo diverso (ma non troppo) dalle scimmie

La lateralizzazione e l’asimmetria cerebrale: ciò che ha reso l’uomo diverso (ma non troppo) dalle scimmie

Un nuovo studio aggiunge tasselli importanti alla comprensione della lateralizzazione e dell’asimmetria del cervello, teorie già presenti nelle scoperte del Nobel Roger Sperry 

In uno studio condotto al Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology e pubblicato sulla rivista Science Advances, i ricercatori hanno dimostrato che l’asimmetria cerebrale non è un’esclusiva solo dell’essere umano. E lo hanno fatto utilizzando gli endocasti, calchi che il cervello imprime dall’interno sulle ossa del cranio.

Gli scienziati hanno infatti riscontrato l’esistenza di un’asimmetria simile negli scimpanzé, nei gorilla e negli orangotanghi. Nonostante ciò, negli esseri umani c’è maggiore variabilità. Questo suggerisce che le abilità cognitive lateralizzate e uniche dell’uomo, come il linguaggio, si sono evolute a partire da un modello ancestrale comune. 

Tutto è partito anche dagli studi di Roger Sperry, neurobiologo statunitense che nel 1981 è stato insignito del premio Nobel per la medicina per i suoi studi sulla specializzazione funzionale dei due emisferi cerebrali. Scoperte che avrebbero rivoluzionato la comprensione della coscienza.

Da quel momento divenne più chiaro che potessero esistere delle funzioni “lateralizzate” nel nostro cervello, localizzate principalmente, a seconda dei casi, in uno dei due emisferi. Per esempio, negli esseri umani, il linguaggio è elaborato per la maggior parte nell’emisfero sinistro mentre la mano destra è controllata dalla corteccia motoria dell’emisfero sinistro. Come se non bastasse, nel cervello è possibile riscontrare un’altra caratteristica, l’asimmetria. Molto si conosce negli esseri umani ma poco si sa dei nostri parenti più stretti ancora in vita, le grandi scimmie.

Spesso, però, si è considerata l’asimmetria come una peculiarità esclusivamente umana. Basandosi sui dati attualmente disponibili, gli scienziati hanno invece dimostrato come i diversi aspetti dell’asimmetria si siano evoluti solo recentemente, dopo la scissione avvenuta tra la linea evolutiva degli uomini e quella degli scimpanzé.

“I cervelli delle grandi scimmie sono raramente disponibili per la ricerca, ma noi abbiamo sviluppato dei metodi alternativi per estrarre i dati dai crani che, invece, sono più facilmente accessibili. Questo ci ha permesso di portare avanti il nostro lavoro”, ha dichiarato Simon Neubauer, uno degli autori dell’articolo.

Dallo studio è emerso che l’asimmetria fosse pressoché identica negli umani e nelle grandi scimmie. Solo negli scimpanzé era meno marcata rispetto agli altri gruppi di riferimento. Nonostante ciò tutti avevano in comune le caratteristiche precedentemente attribuite ai soli esseri umani. 

“Ciò che ci ha sorpresi di più”, riporta Phillip Mitteroecker, co-autore dello studio, “è stato che gli esseri umani presentavano una maggiore variabilità a partire dal modello comune”. Questo, secondo i ricercatori, è un segno di una maggiore funzionalità e di uno sviluppo tipico del cervello umano e apre la strada a una nuova interpretazione di questo organo.

 “Gli esseri umani sembrano aver sviluppato le loro caratteristiche a partire da questo modello morfologico per giungere a una lateralizzazione funzionale del cervello collegata, tra l’altro, con i nostri tipici atteggiamenti comportamentali”, conclude in una nota Philip Gunz, uno degli autori.

FONTE IMMAGINE: WWF