microscopio

Microscopia

La storia del microscopio e della microscopia

Il microscopio nasce intorno al 1600, come sottoprodotto del più usato e famoso telescopio.
Nei secoli successivi si è dimostrato uno strumento formidabile per le scoperte che hanno rivoluzionato la medicina: a cavallo tra 1600 e 1700, Hooke osserverà le cellule; nel 1674, Leeuwenhoek vede protozoi e batteri. Di fatto si pongono le basi per la nascita della microbiologia. Da allora l’ottica ha fatto passi da gigante, ma si è sempre scontrata contro un limite fisico apparentemente insormontabile: l’oggetto da vedere al microscopio ottico non può essere più piccolo di metà della lunghezza d’onda della luce visibile utilizzata per illuminarlo. Dato che la luce visibile ha lunghezze d’onda tra 400 e 800 nanometri, con un microscopio ottico convenzionale non si può vedere nulla di più piccolo di 200 nanometri. Un batterio, che è grande qualche micron, cioè qualche migliaio di nanometri, si vede facilmente; il virus del Covid, che è grande qualche decina di nanometri invece risulta invisibile. Oggi però ci sono diversi sistemi per andare oltre questo limite, con la cosiddetta nanoscopia o microscopia con super risoluzione. Ci sono i metodi che si basano sulla scansione del campione, ad esempio con un fascio laser. In questo modo si illumina in maniera selettiva solo un punto del campione e si acquisisce il dato solo di quel punto. Poi si sposta il fascio laser scansionando una superficie (ma anche un volume con i microscopi confocali). La microscopia avanzata a scansione laser ha ottenuto risoluzioni spaziali migliori rispetto alla microscopia convenzionale a largo campo. Nel 2014 è stato assegnato il premio Nobel per la Chimica a Eric Betzing, Stefan W. Hell e William E. Moerner per lo sviluppo di microscopia in fluorescenza con super risoluzione, superando il limite dei 200 nanometri. Un altro metodo per superare questo limite è la microscopia a campo prossimo. Quando le distanze in gioco sono più piccole della metà della lunghezza d’onda della luce utilizzata, le regole dell’ottica che limitano la risoluzione a 200 nanometri smettono di valere. È stato sviluppato così il microscopio a campo prossimo che è un sistema a scansione laser, dove la sonda, che illumina il campione e/o raccoglie la luce, si avvicina moltissimo al campione e permette di raggiungere risoluzioni dell’ordine dei 50 nanometri. Un altro metodo per “vedere” oggetti più piccoli del limite di risoluzione di un microscopio ottico è quello di usare luce che abbia lunghezza minore della luce visibile: i raggi X. Sono anch’essi luce, ma hanno lunghezze d’onda molto minore, fino a pochi nanometri, e di conseguenza anche la loro risoluzione è di quest’ordine di grandezza. Al momento, però, microscopi a raggi X compatti e facili da utilizzare non sono così diffusi come quelli ottici. 

Una strada completamente diversa è quella del microscopio elettronico. La meccanica quantistica ci dice che luce e particelle elementari, come l’elettrone, hanno una duplice natura: sono contemporaneamente onde e particelle. E l’elettrone, come onda, ha una lunghezza d’onda molto più piccola di quella della luce visibile, e la conseguente risoluzione, per i microscopi attualmente utilizzati, arriva a circa 0,2 nanometri. 

I più recenti sistemi di microscopia fanno poi uso di un principio ancora differente: sono i cosiddetti microscopi a scansione di sonda. Una sonda fisica, simile a una puntina di giradischi, viene avvicinata moltissimo al campione e si sposta poco sopra la sua superficie. Tra la punta e il campione si determinano delle “interazioni”, legate alle forze che si esercitano tra i due, che permettono di rilevare informazioni sul campione. Il microscopio a effetto tunnel sfrutta questo effetto quantistico, che fa sì che degli elettroni migrino dal campione alla punta della sonda, permettendo di ottenere immagini topografiche e altre informazioni sul campione. Con questo dispositivo la risoluzione laterale è di circa 0,1 nanometri, e quella di profondità addirittura 0,01 nanometri. Tra gli altri sistemi il più famoso è il microscopio a forza atomica, che rileva la forza di Van der Waals che si determina tra punta e campione, ma ci sono anche altri sistemi basati su diverse forze che si possono esercitare tra campione e sonda. 

Si ringrazia Francesca Bonfigli, ricercatrice ENEA, specialista in microscopia ottica

Emilio Giovenale, studente del master “la scienza nella pratica giornalistica” presso il dipartimento di biologia e biotecnologie “Charles Darwin” della Sapienza Università di Roma