Greta a una manifestazione FridaysForFuture, Berlino, 2019

Nuova candidatura per Greta Thunberg al Nobel 2021

Concluse il 31 gennaio le nomination al Premio dei premi. Tra i candidati per la pace, anche la giovane Greta. E non è la prima volta

Che Greta abbia le idee chiare e sia capace di stupire il mondo, lo sappiamo già. Ma se arriverà anche un Nobel per la pace a suggellarne il coraggioso operato, lo scopriremo in ottobre.

“Non ci sono zone grigie, quando si parla di sopravvivenza”. Lo sa bene, questa ragazzina nata a Stoccolma nel 2003 e caduta in depressione a undici anni a causa del cambiamento climatico, che lei percepisce come problema assolutamente primario e urgente. Affetta dalla sindrome di Asperger,  ovvero dallo spettro autistico di primo livello, ha saputo universalizzare una naturale tendenza alle posizioni nette, destinandola all’impegno collettivo a salvare il pianeta dagli effetti dell’antropocene. E lo ha scritto a chiare lettere anche nel libro La nostra casa è in fiamme.

Lo scorso anno il Nobel per la pace andava all’agenzia dell’Onu World food program (Wfp) e nel 2019 al premier etiope Abiy Ahmed Ali. Per il 2021, i candidati sono 329, il terzo più alto numero di sempre, di cui 95 sono organizzazioni. Ma come funzionano le nomination? Per la pace, il responsabile della selezione è un comitato composto da cinque membri scelti dallo Storting, il Parlamento norvegese. Qualora vincesse questo Nobel, Greta lo riceverebbe a Oslo, in Norvegia, non nella nativa Stoccolma, dove si consegnano invece quelli per la chimica, la fisica, la medicina, la letteratura e l’economia. Era stata candidata al Premio anche nel 2020 e nel 2019, su segnalazione del politico norvegese Freddy André Øvstegård, perché “quella di Greta è una rivoluzione di pace”.

Quando nacque il movimento FridaysForFuture a seguito del suo intervento in Polonia al Cop 24, XXIV Conferenza delle Parti dell’UNFCCC, Greta aveva 15 anni ed era il 2018. E quel 14 dicembre la giovane Thunberg ha cambiato un pezzo di mondo o, almeno, ha cominciato a smuovere le coscienze per iniziare a farlo. Qualche mese prima, del resto, aveva già lasciato intendere di che pasta fosse fatta questa piccola guerriera, quando era rimasta seduta per tre settimane davanti al Parlamento svedese fino al 9 settembre, giorno delle elezioni. Il carattere non le manca di certo.

E forse non si stupirebbe nessuno se l’ardita attivista, ancora una volta, rispondesse soltanto alle sue leggi interiori e non a quelle di tutti, visto tutti siamo rimasti a bocca aperta, nel 2019, quando rifiutò un altro prestigioso riconoscimento. Si trattava del Nordic Council Environment Prize, che lei non volle accettare perché il clima – spiegò poi su Instagram – più che di riconoscimenti formali ha bisogno di una politica che “inizi a fare qualcosa”. Non vuole soldi né false speranze, Greta, solo fatti.

Un politico che la vede come lei e, non a caso, vincitore di un Nobel per la pace su tematiche ambientali, c’è già stato. Era il 2007 e un ex-vicepresidente U.S.A, Albert Arnold (Al) Gore, si aggiudicava il Premio insieme all’IPCC (Intergovernmental panel on climate change) “per i loro sforzi nel costruire e diffondere una maggiore conoscenza del cambiamento climatico causato dall’uomo e per il porre le basi delle misure necessarie a contrastare tale cambiamento”. Chissà cosa risponderebbero Gore e Thunberg, se chiedessimo un loro riscontro su quanto la politica abbia fatto, concretamente, dal 2007 a oggi, rispetto a surriscaldamento globale e combustibili fossili, sostenibilità ed economia circolare. A Greta, in particolare, sarebbe interessante chiederlo prima di ottobre, quando forse vincerà un Nobel per la pace che potrebbe anche decidere di rifiutare. Vedremo.

Immagine in evidenza. Greta Thunberg a una manifestazione di FridaysForFuture, Berlino, 2019. Credits: commons.wikimedia.org