Una capitale con più scienza

Fabrizio Rufo sui progetti di promozione della cultura scientifica nella capitale.

Roma come capitale della scienza. Una visione o una realtà concreta? Roma raccoglie la più grande collezione di università, centri di ricerca e laboratori d’Italia e una delle più grandi d’Europa. Ognuno di questi poi, possiede ricche collezioni museali di carattere scientifico spesso sconosciute. Se di cultura e di collezioni museali Roma ne è piena, cosa manca per creare la capitale della scienza? Una gestione delle risorse integrata richiesta alla comunità politica, scientifica e civile è il nodo della questione. Fabrizio Rufo analizza il passato – e il futuro – dei progetti di promozione della cultura scientifica di Roma

Il 14 marzo 1881 Quintino Sella, mineralogista, industriale tessile, presidente dell’Accademia dei Lincei, ministro delle Finanze dell’Italia post-unitaria, in un discorso in Parlamento pronuncia queste parole: “Quando nel 1870 in tutti i modi mi adoperai perché l’Italia venisse a Roma e vi portasse la sua capitale, ho sempre pensato non solo a dare all’Italia la sua eterna capitale, ma agli effetti che nell’interesse della nazione e dell’umanità sarebbero derivati dall’abolizione del potere temporale e dalla creazione in Roma di un centro scientifico”. C’è in questo politico piemontese, tra i più accesi sostenitori della presa di Roma, un’ambiziosa visione. Roma capitale dell’Italia unita deve essere la capitale della scienza. Questa è l’idea di Sella per dare una nuova funzione nazionale e internazionale alla città. Affiancare al cosmopolitismo della classicità e della cristianità quello fondato sulla promozione della ricerca e del progresso scientifico: “Il cozzo delle idee, bene inteso, se vi ha luogo in cui debba dar buoni risultati, questo deve essere in Roma… qui deve essere un centro scientifico di luce, una università principalissima, informata soprattutto ai principi delle osservazioni sperimentali che sono sempre imparziali e senza idee preconcette”. Questa visione perde slancio con la morte di Quintino Sella e per l’inadeguatezza delle istituzioni e della società civile, ma non scompare. Tra il 1894 e il 1914, vengono organizzati a Roma almeno 27 congressi internazionali di varie discipline la cui impronta riflette una cultura laica e modernista in cui la scienza era considerata al servizio della società. Del resto, ancora oggi Roma e la sua area metropolitana sono la più grande concentrazione di università, centri di ricerca e laboratori d’Italia e una delle più grandi d’Europa. A Roma esiste, di fatto, una vera e propria città della scienza in larga parte occulta, soffocata dal formidabile repertorio di impianto umanistico di cui la città dispone, invece di costituire un tutt’uno con esso. Questa incongruenza è, oggi, ancora più marcata perché si parla molto di cultura scientifica e della necessità di uno sviluppo scientifico e tecnologico che sia funzionale alla ripresa del paese, e nello specifico, ad un ripensamento e ad un rilancio di Roma e della sua funzione nazionale. Da sempre l’urbe è un crocevia della scienza che vede il passaggio di personaggi del calibro di Galileo Galilei, Niccolò Copernico, Angelo Secchi, Enrico Fermi, Giovanni Battista Grassi, Stanislao Cannizzaro, Guglielmo Marconi, Nazareno Strampelli, Vito Volterra, per citarne solo alcuni, che nel tempo hanno dato vita ad una miriade di vicende storico-scientifiche note e meno note fatte di umanità, di curiosità e di passione per la ricerca: aerospazio, agronomia, antropologia, astronomia, biologia, chimica, fisica, matematica, medicina, scienze della terra. Non esistono discipline che non abbiano trovato nella città di Roma la sede per il loro sviluppo e spesso il loro momento fondativo basti pensare all’astrofisica o alla fisica nucleare. Questo universo di personaggi, luoghi e oggetti non è solo un fondamentale capitolo della storia della scienza ma è anche il portatore di una molteplicità di significati riguardanti il profilo sociale e culturale della città che, se venissero adeguatamente valorizzati e coordinati, potrebbero dare vita a una peculiare esperienza educativa inedita nelle dimensioni e nelle caratteristiche. Ma la vera scoperta sono le ricchissime collezioni museali di carattere scientifico spesso sconosciute o misconosciute che sono composte di oggetti rari, spesso unici al mondo come quelle custodite dal Polo museale di Sapienza e dai musei civici tra questi ultimi alcuni possiamo trovare esempi virtuosi di una integrazione tra centro e periferia come nel caso del Museo di Casal de Pazzi. Gli enti ricerca: Inaf, Ingv, Infn, Ispra, Crea, Cnr, Iss, posseggono raccolte di tale rilevanza da lasciare stupito anche il visitatore più informato. A queste collezioni bisogna aggiungere quelle delle accademie e delle società scientifiche e poi ancora quelle possedute dai più svariati ministeri, basti pensare al negletto Museo Storico della Comunicazione in capo al ministero dello Sviluppo Economico nel quale sono conservati i più importanti strumenti scientifici di Guglielmo Marconi; infine è bene non dimenticare le collezioni presenti in alcune scuole anch’esse di assoluto rilievo scientifico e culturale. Una mostra internazionale intitolata “La Scienza di Roma” in corso di svolgimento al Palaexpo di Roma fino al prossimo 27 febbraio racconta queste storie e mette sotto un cono di luce alcuni degli oggetti più preziosi che fanno parte di queste magnifiche collezioni. Dall’intuizione di Quintino Sella di trasformare la città in un centro internazionale del confronto di tutti i saperi e di tutte sensibilità culturali, fino alle ricerche odierne che guardano al futuro nelle quali spesso si fondono cultura scientifica e cultura umanistica per realizzare il fecondo “cozzo delle idee” a cui aspirava lo statista piemontese. Si tratta di un patrimonio qualitativo e quantitativo di rilevanza mondiale diffuso o per meglio dire disperso su tutto il territorio romano e laziale, che potrebbe dare vita a straordinari musei della scienza dei quali, purtroppo, la città è ancora priva. Musei dotati di straordinarie potenzialità divulgative e didattiche, grazie ai quali potrebbero integrarsi tutte le discipline scientifiche in raccordo con le altre formidabili risorse culturali della città: l’archeologia e l’arte che potrebbe costituire il volano per pensare la Roma del futuro e rappresentare, pur rimanendo ciò che rappresentano oggi, la base di partenza per la realizzazione di proposte innovative e di prim’ordine, competitive rispetto alle realtà di Londra, di Vienna, di Parigi, di New York o di Tokyo. Qualora queste risorse venissero immesse in un circuito integrato e affiancate dalla costituzione di luoghi di raccordo ben attrezzati esse potrebbero diventare un imprescindibile punto di riferimento nazionale e internazionale. Raggiungere simili obiettivi dovrebbe quindi costituire una delle principali sfide della futura politica capitolina, una politica che sia capace di definire il perimetro di un rinnovato rapporto tra scienza e società, trovando un giusto equilibrio tra conoscenze e bisogni mediante un’esperienza di sinergia e di connessione fra vari elementi della città, un ponte tra passato e futuro e, al tempo stesso, costituisca un’opportunità di lavoro per una varietà di competenze; sarebbero, infine, un punto di riferimento per una visione culturale a tutto tondo. I musei della scienza in genere, oltre ad avere la funzione di memoria e conservazione dei progressi scientifici, devono essere uno strumento di formazione e diffusione della cultura scientifica attraverso laboratori interattivi, mostre, incontri con scienziati, campagne e attività di promozione della scienza e della tecnologia, oltre che luoghi di ritrovo e di svago per tutti. La sfida che Roma si trova ad affrontare è quella di organizzare i contenuti di questo enorme patrimonio materiale e immateriale, dotato di straordinarie potenzialità, che vede integrarsi tutte le discipline scientifiche e che può costituire anche il raccordo con le altre formidabili risorse culturali della città: l’archeologia e l’arte. Questa vera e propria intelligenza collettiva può essere il motore di una città della conoscenza, nella quale coloro che si impegnano ad apprendere, ricercare ed essere creativi, danno vita a forme sostenibili e responsabili non solo di innovazione scientifica e tecnologica ma anche di innovazione sociale.

Roma biodiversa

L’Italia. Il Paese in Europa con la più ricca biodiversità. Con più di sessanta mila specie che costituiscono il patrimonio faunistico e quasi settemila di quello floristico. Dove sono presenti diversi hotspot di biodiversità come le Alpi marittime o alcuni territori della catena appenninica. Dove i tassi di endemismo sono i più alti d’Europa. Dove però, a differenza delle più grandi nazioni Europee e paesi del G7, non è presente un Museo Nazionale di Storia Naturale.
Sono presenti sì dei musei. Quindici medio grandi, alcuni con un grande valore scientifico, e più di 400 medio piccoli. Tuttavia, tutti disconnessi e tutti amministrati in maniera diversa. Approssimativamente, considerando tutte le collezioni, si contano cinquanta milioni di campioni.
Creare un Museo a Roma potrebbe promuovere la conoscenza della biodiversità e il problema della perdita delle specie. Potrebbe essere un’Istituzione dove le persone possono scoprire e conoscere ciò che le circonda e sensibilizzarsi per proteggerlo. Potrebbe soddisfare gli obiettivi del PNRR, come promuovere la ricerca scientifica, rinnovare le infrastrutture, favorire l’imprenditoria e gli spin off e migliorare il trasferimento e le innovazioni tecnologiche. Potrebbe essere il primo Paese al mondo a realizzare un progetto Nazionale post-pandemia.
Un Museo Nazionale di Storia Naturale di Roma potrebbe nascere. Intanto, la tutela della biodiversità è entrata nella Costituzione italiana. Un passo storico. Un cambiamento fondamentale con il quale si vuole proteggere l’ambiente e gli ecosistemi. Una sfida da portare avanti per la salute e la qualità della vita, nostra e delle future generazioni.
di Diego Parini e Mattia La Torre

Fabrizio Rufo, Filoso morale presso il Dipartimento di Biologia Ambientale della Sapienza Università di Roma

Sfoglia la issue