clavdio

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Il 22 giugno scorso abbiamo raggiunto Clavdio, cantautore fra i più apprezzati nel panorama indie, al Parco appio, data romana del tour estivo con cui sta portando in giro per l’Italia le canzoni del suo ultimo album Guerra fredda (Bomba Dischi 2022). Con lui abbiamo parlato del suo percorso da musicista e provato a capire meglio cosa sia l’indie, anche se alla fine, quello che conta veramente, rimane sempre la musica e quello che riesce a comunicare.

Chi è Clavdio? Puoi presentarti per STAR?

Clavdio è un ragazzo – possiamo ancora dire ragazzo? – che ha sempre suonato. A otto anni ho iniziato a inventare canzoni, creando un mio mondo personale rimasto parallelo a una vita piuttosto normale, una vita in cui studi (con anche una breve carriera universitaria di sei mesi in studi orientali) e poi inizi a lavorare a tempo pieno. Nel mio caso sette anni in tipografia, portando comunque avanti diversi progetti musicali. Nel 2014 ho ottenuto qualche buon riscontro con il mio progetto cantautorale “Il Rondine” suonando una volta anche in apertura a Brunori Sas a Perugia. Poi sono andato sei mesi in Irlanda a lavorare in cambio di vitto e alloggio. Al mio ritorno in Italia ho trovato lavoro come metalmeccanico e nel frattempo ho continuato a scrivere canzoni (come Cuore, Nacchere, Ricordi…), quelle che poi sono finite nel primo disco di Clavdio (NdR Togliatti Boulevard, Bomba Dischi 2019). Le prime date con questo nuovo progetto le ho fatte prendendo ferie e permessi al lavoro, ma finiti questi avevo ancora un calendario programmato di quaranta date da fare, al che ho lasciato il lavoro – che per me è sempre stato il mezzo di sostentamento per poter un giorno finalmente arrivare a fare il musicista di professione. Alla fine ci sono arrivato.

l’indie si contrappone al mainstream, è più “artistico”, nel senso che gli artisti indie sono più liberi di esprimersi, utilizzando anche linguaggi non canonici

Il tuo progetto musicale appartiene al mondo indie. Cos’è l’indie per Clavdio?

Indie è anzitutto, come dice la parola, indipendenza. Rispecchia molto la genesi del mio primo disco, che ho registrato fra casa mia e quella di mio cugino, ed è stato quindi prodotto da noi. Quando l’ho proposto a Bomba Dischi era già definitivo. Loro mi hanno proposto di reinciderlo in studio, ma in realtà la prima versione, che è quella che è stata poi pubblicata, convinceva già tutti. L’indie si contrappone però anche al mainstream, rispetto a questo è più “artistico”, nel senso che gli artisti indie sono più liberi di esprimersi, utilizzando anche linguaggi non canonici. È anche figlio dei tempi attuali, in cui l’autoproduzione e l’autopromozione (attraverso i tanti canali digitali) è più accessibile rispetto a un tempo.  

scrivendo le mie canzoni mi rendo conto che molte sensazioni non le provo soltanto io. La musica ha il potere di mettere in contatto le persone

Esiste una ricetta per scrivere canzoni indie?

Non credo. Riconosco che alcuni utilizzano delle ricette, ma è proprio quello che si fa nel mainstream. Se componi in quel modo semplicemente non sei più indie e non c’è nulla di male. 

Oggi l’indie è cambiato?

L’indie di oggi, a differenza di quello di ieri, diciamo quello “vero”, non è più tanto legato all’indipendenza, perché tanti artisti indie lavorano nell’ambito mainstream. Diciamo però che mantengono una certa purezza, o forse meglio dire stravaganza, cioè con le loro canzoni dicono cose diverse, che di solito non si sentono (NdR Basti pensare allo stravagante titolo Graminacee, primo singolo di Guerra fredda, Bomba Dischi 2022). Per quanto mi riguarda, mentre scrivo non mi pongo il problema se sto scrivendo una canzone indie o no… capita mi escano melodie super pop, anche nell’ultimo disco (NdR Guerra fredda) che possono tranquillamente passare alle radio nazionali. La differenza la fanno poi l’approccio, le parole, i messaggi.   

Con le tue canzoni vuoi dunque lanciare dei messaggi?

Parto sempre dalle mie sensazioni, ma è inevitabile che poi diventa qualcosa che dico agli altri, in cui gli altri si possono rivedere. Così mi rendo conto che molte sensazioni che provo non le provo soltanto io. Le canzoni servono a questo. 

Qual è secondo te l’impatto della tua musica sulla società? E della musica in generale?

L’impatto della mia musica lo conosco solo attraverso i messaggi che mi arrivano, alcuni mi ringraziano per averli tirati su di morale in un periodo difficile, altri mi dicono che le mie canzoni hanno fatto loro riflettere su alcune questioni. Sono cose che mi fanno molto piacere, ma soprattutto mi fanno rendere conto della potenza della musica, di quanto la musica riesca a comunicare a tutti, e quindi del grande impatto che può avere in generale sulle persone. 

All’inizio della tua carriera facevi punk e post-rock e suonavi in una band. Com’è avvenuta la svolta cantautorale?

È stata una scelta un po’ pragmatica. Ti faccio un esempio. A un certo punto con la mia band avevamo la possibilità di registrare con il cantante degli Ulan Bator, che è una band post-rock che apprezzavamo molto, ma la cosa non è andata in porto perché non tutti i componenti della mia band avevano la stessa volontà di realizzare il progetto. A quel punto mi sono detto: mi metto a scrivere canzoni che poi posso portare in giro da solo, in modo tale da avere in mano il mio futuro. Vado da solo perché con la musica voglio realizzare qualcosa. Alla fine è andata bene.

ho deciso di scrivere canzoni chitarre e voce, da poter suonare da solo, per avere in mano il mio futuro

Quale consiglio daresti a un giovane studente della Sapienza?

In realtà per me è un po’ difficile rispondere perché sono stato uno studente universitario solo per sei mesi. Quindi non gli direi mai “se senti la vocazione per la musica molla tutto”. Penso che se fosse stato realmente così avrebbe già mollato. Quindi gli dico di continuare a studiare, impegnarsi, laurearsi. Poi, se dopo arriva qualche altra cosa si vedrà. 

Che album stai ascoltando in questo periodo?

Sto ascoltando un disco uscito nel 2020 – ma in realtà sono due anni che lo sto ascoltando – di Sam Burton e che si intitola I Can Go With You. È un album folk che mi piace tantissimo, ogni giorno me ne ascolto almeno due brani. 

E uno che consiglieresti?

Ovviamente quello di Sam Burton. E poi direi qualsiasi disco di una delle mie band post-rock preferite, i canadesi Do Make Say Think.

L’ultima domanda, un po’ provocatoria. Secondo te l’indie è morto?

Forse non è nemmeno nato. Le cose cambiano e continueranno a cambiare, come è giusto che sia. 

Clavdio, cantautore

Mattia La Torre, biologa e ricercatrice di tipo A presso il dipartimento  di biologia e biotecnologie “Charles Darwin” della Sapienza università di Roma

Stefano Scrima, scrittore e divulgatore filosofico

Sofia Gaudioso, biologa e comunicatrice della scienza, Sapienza università di Roma

Carmine Nicoletti, tecnico esperto della Sapienza università di Roma