Jones

Jones

L’artista iconica tra musica, arte, cinema e moda

Definire in poche righe le mille sfaccettature di un’artista come Grace Jones è un compito difficile. Un’artista che ha spaziato tra arte, moda, musica, cinema, sempre connotata da una fortissima presenza scenica e da un gusto per il trasformismo ai limiti del kitsch, che in qualche modo ha aperto la strada alle provocazioni di altre famose popstar, come Madonna, Lady Gaga e Rihanna, per citarne alcune. In una parola, una diva, che nell’immagine ha trovato il suo punto di forza, ma in alcuni casi anche il suo limite.
I suoi detrattori hanno usato proprio questo argomento per sostenere che Grace Jones fosse forma più che sostanza, una forma costruita ad arte da uno stuolo di produttori, musicisti, grafici e fotografi di alto livello senza i quali il fenomeno Jones non sarebbe mai esistito. Ciò nonostante, va ricordato che la sua impronta scenica e la sua capacità di fondere stili musicali hanno lasciato tracce evidenti ancora oggi in molta musica pop. La sua storia è parte della storia della disco music, a partire dagli anni ‘70, e completa il quadro che ci forniscono i più famosi esponenti del genere, da Giorgio Moroder ai Bee Gees, da Donna Summer a Gloria Gaynor.

La sua capacità di mescolare stili la troviamo in uno dei suoi primi successi: “La Vie En Rose”, audace cover del capolavoro di Edith Piaf, che la Jones trasforma, senza snaturarlo, attraverso una performance eccezionale. In quel disco (Portfolio, 1977) troviamo una disco leggera e godibile, con accenni orchestrali, arrangiamenti funky e richiami di bossa nova e calypso che ben si abbinano all’immagine di pantera della Jones.

Ma la Jones si sa evolvere, e così gli anni ’80 la vedono alle prese con una musica di stampo più elettronico, sulla scia di artisti come Roxy Music, David Bowie, Peter Gabriel e Talking Heads, costruendo così un collegamento tra la disco music degli esordi con il reggae, l’elettronica, il rock e soprattutto la new wave. Questi anni vedono la collaborazione con artisti del calibro di David Bowie e Sting, e la sua sicurezza le permette di affrontare un altro mostro sacro, con la cover del famosissimo “Libertango” di Astor Piazzolla, rivisitato in chiave electro/reggae. 

Questi sono anche gli anni in cui, con l’aiuto del compagno Jean-Paul Goude, registra, illustratore e coreografo, va alla ricerca di una performing art che coniughi arte, alta moda e musica. In questo verrà affiancata da artisti del calibro di Andy Warhol e Keith Haring, per la creazione di vestiti scultorei che solo la sua presenza scenica è in grado di supportare. Il risultato saranno dei concerti che hanno lasciato il segno per l’incredibile impatto sonoro e visivo. Questo desiderio di non farsi costringere nei confini di un genere la porterà anche verso il cinema, dove la ricordiamo nel film Conan The Destroyer con Arnold Schwarzenegger e soprattutto nel classico di 007 A View To A Kill.

Il declino della disco e della colorata scena gay, segnata nella percezione collettiva dalla tragica morte di Freddie Mercury, impatta pesantemente sull’attività artistica della Jones, che affronterà un periodo difficile sia da un punto di vista artistico che personale, portandola negli anni ’90 a sparire – o quasi – dalle scene. Ma i suoi rari contributi ci ricordano quanto sia ancora vivo il suo talento: quando nel 2002 partecipa all’evento “Pavarotti And Friends”, non costringe il Maestro a cantare un’improbabile versione di un qualche suo vecchio successo, ma si avventura invece nel campo minato della classica, con l’aria Porquoi Me Reveiller? (dall’opera Werther di Jules Massenet, cavallo di battaglia di Pavarotti). La potente voce da contralto di Grace Jones regala una nuova voce a Charlotte, drammatica, sguaiata e androgina, prendendo note più basse di Pavarotti stesso, rompendo gli schemi ed emozionandosi in un duetto di spessore artistico indiscutibile.

Ultimi fuochi di un’artista consumata dalla sua stessa immagine? Assolutamente no: a 30 anni dal suo esordio Grace Jones sa ancora stupire, e con Hurricane (2008), nato dalla collaborazione con Sly & Robbie, Brian Eno e Ivor Guest, ci sorprende per il carisma e l’energia ancora in grado di trasmettere. Da allora fino ad oggi molte sono le sue apparizioni e i contributi su album, colonne sonore, live, e vederla sul palco è tuttora uno spettacolo.

Link audio/video

https://www.youtube.com/watch?v=YEM8TspcCBY (“La Vie en Rose”, 1977)

https://www.youtube.com/watch?v=YMCKj6LDZ2U (Night of the Proms 2010 – Belgium/Netherlands)

https://www.youtube.com/watch?v=p_7JOuQKI3c  (007: A VIEW TO A KILL: Zorin si allena con May Day)

https://www.youtube.com/watch?v=7vMOiVsAVZk (Duetto con Pavarotti: Porquoi Me Reveiller? 2002)

Extras

Jean-Paul Goude, compagno della Jones, artista e fotografo, la ritrae in un libro “Jungle Fever”. In copertina la Jones immortalata alla Roseland Ballroom a New York nel 1978 nuda, in una gabbia, con il corpo perfetto di una pantera e il ringhio di un animale selvatico. Intorno a lei pezzi di carne con un cartello con la scritta “Do not feed the animal”!

una provocazione? una testimonianza di amore/odio per le donne di colore, in un conflittuale rapporto che coniuga la bellezza con la incontrollabilità del selvaggio? con una palese ammissione di inferiorità sessuale maschile che traspare dalle pagine del libro? a voi lettori, lasciamo ogni analisi concettuale.

Emilio Giovenale, studente del master “la scienza nella pratica giornalistica” presso il dipartimento di biologia e biotecnologie “Charles Darwin” della Sapienza Università di Roma