Il Nobel Borlaug e il frumento GM italiano

Il Nobel Borlaug e il frumento GM italiano

Aumenta ancora, per il diciannovesimo anno consecutivo, la superficie mondiale destinata a coltivazioni GM. Il rapporto dell’International Service for the Acquisition of Agri-Biotech Applications

Per il diciannovesimo anno consecutivo è in aumento la superficie mondiale destinata alle coltivazioni transgeniche: nel 2014 si sono raggiunti 181,5 milioni di ettari, suddivisi su 28 paesi, di cui 8 in via di sviluppo. A dirlo è il rapporto 2014 sullo stato globale delle colture biotech, redatto dall’International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications (ISAAA).

(Fonte: www.isaaa.org)

(Fonte: www.isaaa.org)

L’ISAAA è una organizzazione internazionale non profit nata nel 1992, finanziata da fondazioni filantropiche e da istituzioni del settore pubblico e privato, il cui scopo è condividere i vantaggi della biotecnologia agricola, con particolare attenzione agli agricoltori poveri nei paesi in via di sviluppo. L’organizzazione annovera come padre nobile Norman Borlaug, premio Nobel per la Pace nel 1970 «per il suo lavoro umanitario». Coniugando la ricerca agricola in tecnologie sostenibili e il dialogo con i leader politici, Borlaug riuscì ad avviare la cosiddetta rivoluzione verde: un approccio innovativo che ha permesso un incremento significativo delle produzioni agricole in gran parte del mondo tra gli anni Quaranta e Settanta del secolo scorso, vista la necessità di nutrire una popolazione mondiale in costante crescita.

Norman Borlaug  (Photo Credit: Monsanto Photos via Compfight cc)

Norman Borlaug
(Photo Credit: Monsanto Photos via Compfight cc)

Borlaug «riuscì a nanizzare il frumento, rendendo la pianta un po’ più bassa e resistente alla siccità». Così Antonio PascaleNazareno Strampelli, un nostro grande agronomo vissuto agli inizi del secolo scorso. Abbassando la pianta, l’energia che questa impiegherebbe per alzarsi viene utilizzata per aumentare la produzione». Strampelli giunse alla realizzazione di decine di varietà di frumento, da lui stesso chiamate sementi elette, che permisero di soddisfare le crescenti richieste alimentari e ridurre le carestie. Queste sementi elette, esportate in Messico, furono alla base degli studi di miglioramento genetico avviati, appunto, dal premio Nobel Norman Borlaug.

Nazareno Strampelli (Wikimdia commons)

Nazareno Strampelli
(Wikimdia commons)

Sebbene, dunque, la rivoluzione verde sia nata grazie alle ricerche genetiche di un italiano, oggi l’Italia conferma il suo no agli OGM. È stato prorogato di 18 mesi il Decreto del 18 luglio 2013, che proibiva la coltivazione di mais geneticamente modificato MON 810, prodotto dalla Monsanto, per combattere la perdita di raccolto causata dagli insetti. Il 6 febbraio il Consiglio di Stato ha, inoltre, rigettato il ricorso di un imprenditore agricolo friulano, Giorgio Fidenato, che ha tentato più volte di seminare mais transgenico nel proprio campo.

Mais MON 810 (Wikimedia Commons. Fonte: Hanno Böck)

Mais MON 810
(Wikimedia Commons. Fonte: Hanno Böck)

Il legame tra l’Italia, gli OGM e i Nobel non finisce qui. Nel 2001 un provvedimento dell’allora Ministro delle Politiche agricole, Pecoraro Scanio, bloccò tutte le sperimentazioni sugli organismi geneticamente modificati in campo agricolo e zootecnico. La direttiva venne duramente contestata dal Manifesto per la libertà scientifica (pubblicato su «Il Sole 24 Ore», «Nature» e «Science»), firmato da 1500 scienziati italiani e stranieri, fra i quali i premi Nobel Renato Dulbecco e Rita Levi Montalcini, a favore della ricerca scientifica sulle tecniche di modificazione genetica.

E i consumatori cosa ne pensano dei cibi geneticamente modificati? I sondaggi parlano di un rifiuto generalizzato, anche negli Stati Uniti, dove gli OGM vengono consumati abitualmente da vent’anni e dove, nel 2014, si è registrato il maggior aumento mondiale di ettari dedicati a coltivazioni transgeniche. Una indagine appena pubblicata dal Pew Research Center e dall’American Association for the Advancement of Science, ha evidenziato uno scarto del 51%, tra scienziati e consumatori, intorno al tema dei cibi geneticamente modificati. Se, infatti, l’88% degli scienziati ha dichiarato di essere sicuro nel mangiare cibi GM, solo il 37% dei consumatori ha detto di essere favorevole agli OGM.

AVVISO: Questo prodotto contiene acido deossiribonucleico (DNA). È stabilito che il DNA è legato a una serie di malattie negli animali e nell’uomo. In altre configurazioni, esso rappresenta un fattore di rischio per cancro e per le malattie cardiache. Le donne incinte sono a rischio molto elevato di passare il DNA ai loro figli.

Un altro sondaggio, condotto dall’Università dell’Oklahoma, ha fatto notare, invece, che oltre l’80% degli americani è favorevole a segnalare il contenuto di DNA sull’etichetta dei cibi in commercio. Cosa alquanto paradossale, visto che il DNA, cioè il materiale genetico contenuto nei nuclei delle cellule vegetali o animali, si trova in quasi tutti gli alimenti (tranne il sale). Evidentemente al pubblico americano (e chissà quello europeo) non è chiara la differenza tra DNA e OGM. Come a dire, riprendendo le parole di Stephen Hawking, che «il più grande nemico della conoscenza non è l’ignoranza, ma l’illusione della conoscenza».

Credits immagine di copertina: la Ezwa via Compfight cc