Luc Montagnier: vita e morte di un premio Nobel

Luc Montagnier: vita e morte di un premio Nobel

È morto Luc Montagnier: dal Nobel per la medicina alle più recenti teorie su scienza e vaccini. Uno sguardo alla sua vita per ricostruirne un’immagine completa

L’8 febbraio scorso è morto, nell’ospedale americano di Neuilly-sur-Seine, Luc Montagnier, lo scienziato francese premio Nobel nel 2008 per aver identificato il virus dell’immunodeficienza umana (Hiv) come causa dell’Aids e tornato recentemente agli onori della cronaca per le controverse posizioni su scienza e vaccini.

Gli studi sull’Hiv, iniziati nel 1983, lo hanno portato a collaborare con importanti istituti di ricerca nel mondo, ma negli ultimi venti anni Montagnier si è occupato soprattutto di ricerche nell’ambito delle medicine alternative sempre più utilizzate nei paesi occidentali (oltre 150 milioni di cittadini europei secondo Eurispes), ma non ufficialmente incorporate nella medicina basata sulle evidenze e di cui fanno parte la naturopatia, la medicina tradizionale cinese e l’omeopatia.

Tra le prime posizioni controverse di Montagnier, proporre un integratore a base di Papaya fermentata a papa Wojtyla: “I consigli che ho dato al papa hanno una base scientifica molto seria. È lecito pensare che molte malattie nervose e degenerative, tra cui il Parkinson, siano legate alla distruzione di cellule nervose attraverso processi di ossidazione. E oggi abbiamo un’esperienza più approfondita degli effetti di questi prodotti”.

Successivamente però, durante una conferenza stampa a Roma, Montagnier aveva anche affermato di non possedere test e risultati che dimostrassero l’effettiva efficacia del prodotto stesso. Proprio per la mancanza di dati, Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano, affermava di essere scettico riguardo all’utilità della Papaya nella cura del Parkinson.

Nel 2009, l’anno dopo aver ricevuto il Nobel per la medicina, era tornato a sollevare un polverone, affermando, a proposito dell’Hiv, che “un buon sistema immunitario è in grado di sbarazzarsi del virus entro qualche settimana. È un problema della popolazione africana: non ha un’alimentazione equilibrata, è esposta a stress ossidativi, ha un sistema immunitario già compromesso e che non riesce a difendersi dall’Hiv”. Françoise Barré-Sinoussi, premio Nobel insieme al professore, aveva ridimensionato quanto detto da Montagnier: in assenza di dati seri non si poteva affermare che le difese immunitarie innate potessero bastare a schermire l’Hiv. Montagnier insisteva nell’indicare la dieta alimentare, gli antiossidanti e le norme igieniche altri modi, in attesa di un vaccino contro l’Hiv, per contenere la trasmissione del virus. La risposta di oltre cento esperti di scienza era stata una lettera di denuncia aperta contro le dichiarazioni del premio Nobel.

Nel 2010 partiva per la Jiao Tong University di Shanghai, determinato a proseguire le ricerche sulle sequenze di dna batterico e virale capaci di indurre onde elettromagnetiche in diluizioni acquose molto alte, sostenendo l’idea di Jacques Benveniste della “memoria dell’acqua” (1988) secondo la quale l’acqua conserverebbe il ricordo del composto di partenza anche dopo diluizioni infinitesimali. Questa teoria, per i sostenitori, fornirebbe una base teorica del funzionamento dell’omeopatia. Montagnier concludeva il suo articolo di ricerca auspicando una stretta collaborazione tra fisici e biologi nel tentativo di identificare il ruolo che questi segnali elettromagnetici avrebbero potuto avere nella patogenicità e nella genesi delle malattie croniche. Ma l’omeopatia non è una scienza dal momento che non esistono studi a supportarne l’efficacia terapeutica.

Distante e distanziato dalla comunità scientifica, in questi ultimi anni di pandemia la sua posizione era prudente riguardo i vaccini anti-COVID-19 e proprio in un’intervista rilasciata alla testata francese FranceSoir affermava:

È un progetto a lungo termine e stiamo chiedendo alle persone di accettarne l’utilizzo immediato. Ma l’accettazione è un errore perché rischiamo di avere effetti assolutamente imprevedibili.

Credeva che i vaccini potessero essere un ottimo modo per prevenire l’infezione, ma incoraggiava gli “apprendisti stregoni”, rivolgendosi ai ricercatori, a trovare la giusta terapia contro il virus.

Lo scorso 15 gennaio il professore aveva presenziato la manifestazione No Green Pass a Milano. Nell’articolo “The Discovery of Hiv as the Cause of Aids” (2003) Montagnier definiva la ricerca scientifica un percorso non lineare che si addentra in meandri imprevedibili ed è il risultato di buone e cattive idee, casi fortuiti e no. Anche la sua vita ha avuto lo stesso decorso: prima il Nobel per gli studi sull’Hiv poi le idee e le posizioni che hanno logorato i suoi rapporti con la comunità scientifica fino alla sua morte.