Sammy

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Un dialogo con Sammy Basso che, grazie alla sua associazione e alla sua voglia di divulgare, ha permesso di far conoscere la malattia rara – la progeria – in Italia. Dall’esperienza nel mondo della ricerca all’amicizia con Jovanotti che l’ha portato sul palco del Jova Beach Party con di fronte 60mila persone, abbiamo fatto questo viaggio attraverso il suo punto di vista sulla ricerca.

Intervista a Sammy Basso

di Romina Burla, Diego Parini e Mattia La Torre

Qual è l’argomento di ricerca che più ti ha entusiasmato e che pensi sia importante da sviluppare?

Ho fatto due esperienze di laboratorio, entrambe per scrivere la tesi sia triennale che magistrale, in cui ho scelto di studiare la progeria, diciamo che era un argomento che mi premeva particolarmente. Ho avuto l’opportunità di lavorare in due campi molto diversi: il primo riguardo il CRISPR/Cas9, ho partecipato alla ricerca di Carlos López Otín a Oviedo, una delle prime volte in cui si è trattato un modello animale a livello generale, espandendo l’editing a tutti i tessuti. Questa è stata la prima volta che ho visto che si può arrivare ad una cura vera e propria per la progeria. Non avere solo dei farmaci ma anche riuscire in futuro a curarla. La seconda volta, in magistrale, ho lavorato con Giovanna Lattanzi, partecipando alla ricerca sulla relazione tra la prelamina e la progerina e l’interleuchina-6, due proteine legate all’invecchiamento precoce, e una interleuchina legata all’infiammazione.

Qual è l’aspetto della vita di laboratorio che più ti ha divertito?

Essendo alla prime armi, la cosa che più mi ha colpito oltre a capire i meccanismi che stanno alla base di tutto, che magari sono più teorici, è il rapporto con i colleghi. Al di là delle cose studiate, è stato proprio il conoscere e lo stare insieme a delle persone molto stimolanti e molto stimolate a fare. Questo rapporto è stato importantissimo, e molto istruttivo per me come studente. Prima di entrare in laboratorio è tutto teorico, poi quando metti in pratica ciò che hai studiato, capisci molto bene l’importanza anche di un passaggio che poteva sembrare scontato.

Quali sono le differenze e le similitudini tra i due laboratori dove hai fatto esperienza?

Con Giovanna e Cristina Capanni ci conosciamo da tempo però non ho avuto modo di lavorarci a stretto contatto a causa del Covid, invece con Carlos, che considero uno dei miei mentori in assoluto è stata un’esperienza molto molto diversa. Carlos è uno dei pilastri dell’università in cui lavora, si sentiva questo avere mezzi molti forti e avere a portata di mano competenze grandissime. Qui in Italia, è stata la stessa cosa, il livello era altissimo e ho dovuto studiare molto.

In che modo la scienza può aiutare la società?

Credo sia essenziale, scienza di per sé vuol dire scibile, conoscibile, tutto quello che si può sapere, e l’essere umano si distingue dagli altri animali per due cose: può accumulare sapienza e può provare sentimenti più strutturati. Credo che la scienza sia uno dei pilastri fondamentali della società, lo abbiamo visto anche durante il covid in cui la divulgazione è stata fatta, in maniera molto buona, però è stata affiancata da tantissima disinformazione scientifica. Lì si è vista la carenza di scienza nella vita quotidiana delle persone. Carenza di una preparazione di base, non più pensabile nel nostro secolo. La scienza è essenziale per il progredire della civiltà e dell’umanità, ma è essenziale anche a livello personale, perché ormai abbiamo tutte le conoscenze per capire come gira il mondo, ed è quasi un obbligo morale essere informati scientificamente.

Qual è l’importanza di studiare una malattia rara?

È importantissimo – parlo da scienziato e non da paziente, perché da paziente ho tutto l’interesse che venga studiata – bisogna studiarle perché esistono, perché dietro di loro ci sono delle persone. Mi sono fatto anche io questa domanda: ha senso investire fondi, sforzi, impegno, anni per studiare una malattia che attualmente conta 130 casi in tutto il mondo? La risposta non è stata facile, ed è arrivata con l’esperienza – da buon scienziato – e ho capito che ne vale la pena perché la progeria ha tantissimi pathways in comune con altre malattie, per questo è un ottimo modello per studiare l’invecchiamento. Inoltre, è una malattia genetica, quindi tutte le tecnologie usate per studiare la progeria possono essere estese alle altre malattie. Questo discorso vale per tutte le malattie rare. È essenziale studiarle perché serve a tutti e non solo a pochi.

Quale pensi sia il vantaggio del rapporto pazienti-ricercatori-medici-associazioni?

Una cosa importante è dare un volto alla malattia, far vedere che al di là della malattia ci sono dei volti. Sicuramente i medici ne hanno esperienza diretta, i ricercatori non sempre e credo sia molto utile incentivare questo aspetto per far accrescere il loro coinvolgimento. Molto importante, anche per avvicinare la comunità alla ricerca è far parlare in prima persona associazioni e pazienti, che possono così dare un volto alla ricerca stessa, che, altrimenti, può sembrare molto distante e relegata nei laboratori. Uno degli aspetti fondamentali per le associazioni dei pazienti è quindi fare da tramite tra ricerca e società, però non basta avere una malattia per conoscerla.

Qual è il messaggio che vorresti fare arrivare?

Il primo messaggio è l’importanza della ricerca, il nostro obiettivo principale dell’associazione. Noi siamo nati per questo e per raccogliere fondi. Lo facciamo con diversi tipi di eventi perché vogliamo che chiunque possa approcciarsi alla ricerca. Per questo motivo abbiamo una salamandra come logo, essendo anfibio vive nell’acqua e nella terra e, secondo alcune leggende medievali viveva nel fuoco dei camini. È quello che vogliamo fare noi, essere versatili per ogni ambiente e portare questo piccolo semino. Il secondo messaggio più personale, da paziente, è quello che avere una malattia rara non preclude una vita felice e degna di essere vissuta.

Cosa ci racconti del Jova Beach Party?

È stato assolutamente fortissimo. Jovanotti è fuori di testa, continua a saltare per tutto il giorno, non si ferma mai, non so dove prenda tutta questa energia. È stato bellissimo perché dietro le quinte siamo potuti stare insieme a lui e agli altri artisti che si esibivano. Jovanotti, che già basta, Gianni Morandi, Sangiovanni e tanti altri, è stato forte vedere che provavano e partecipare alle prove. Il pubblico poi è stato fortissimo, erano 60mila persone, avevo un po’ di paura! C’è stata una scarica di adrenalina incredibile, e quando Jovanotti mi ha presentato, ho sentito delle ovazioni pazzesche dal pubblico, molto partecipe. Emozionantissimo. Poi siamo scesi nel pubblico e ci siamo goduti il concerto dall’altra parta. È stata una giornata emozionante da tanti punti di vista e in tutti i sensi.

Sammy Basso, Biologo, Associazione Italiana Progeria Sammy Basso onlus

l’opinione

NO BEACH NO PARTY?

Simone Pollo, Filosofo Sapienza

La gran parte delle contestazioni al Jova Beach Party hanno riguardato – più che giustamente – l’impatto di quelle manifestazioni sugli ecosistemi delle spiagge. Ammettiamo pure che – come l’organizzazione sostiene – il Jova Beach Party non produca danni, potremmo comunque considerarla una manifestazione accettabile? La risposta è “no”. Preservare l’ambiente non ha solo a che fare con la prevenzione di danni agli ecosistemi (è la cosa più importante, certo), ma anche con la crescita di un approccio all’ambiente diverso da quello che ci ha condotti in piena catastrofe climatica, ovvero quello che considera la natura come completamente disponibile agli esseri umani. Le spiagge italiane sono già troppo antropizzate e non è il caso di continuare con questa tendenza. I concentri possono svolgersi in altri luoghi e le spiagge dovrebbero essere lasciate alle specie che lì hanno il loro habitat e a una diversa fruizione da parte degli esseri umani, rispettosa e contemplativa. Una spiaggia non è uno stadio: l’educazione ambientale parte dal riconoscere e dare valore a queste differenze.

Isabella Saggio, Biologa Sapienza

Il filosofo Simone Pollo e molti con lui ci hanno portato in queste riflessioni. Io però quando sento l’attacco dell’Ombelico del mondo ballo e ballo

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