comunicare la scienza

George Wald, l’arte di saper comunicare la scienza

Dopo il premio Nobel per la medicina nel 1967, Wald si dedicò all’attivismo sociale e ad un’attività che gli riusciva benissimo: comunicare la scienza

C’è un prima e un dopo nella vita di George Wald, premio Nobel nel 1967 per la scoperta dei fotorecettori della retina. Nella prefazione al saggioGas molecole vita”, il figlio Elijah scrive: “Mio padre visse due vite pubbliche, prima come scienziato e poi come attivista sociale”. Racconta che furono le sei lezioni alla Cbc Radio nel 1970 a fare da spartiacque tra la prima e la seconda vita del padre. Un’esperienza che, insieme alle cause antimilitariste che Wald sostenne contro la guerra del Vietnam, lo consacrò come grande comunicatore.

Nel 1970 la Cbc Radio di Toronto trasmise un ciclo di lezioni, le Massey Lectures, che videro coinvolti, oltre a George Wald, Martin Luther King, Claude Lévi-Strauss, Doris Lessing e Noam Chomsky. Nel 2016 sono state ritrovate le trascrizioni delle lezioni di Wald negli archivi di Harvard, l’università dove nel 1977 lo scienziato era stato nominato professore emerito dopo più di 40 anni di insegnamento.

Americano di New York, classe 1906, dopo la laurea negli Stati Uniti nel 1927, scelse l’Europa – la Germania e poi la Svizzera – per proseguire gli studi di biochimica con i più grandi scienziati dell’epoca. In Germania, durante il primo anno di dottorato, scoprì che la vitamina A è un ingrediente vitale dei pigmenti della retina ed è quindi fondamentale per il mantenimento della vista. L’avvento del Terzo Reich lo costrinse nel 1933 a ritornare in patria, per le sue origini ebraiche.

La scoperta fatta a Berlino segnò l’inizio dei suoi studi sui processi biochimici della visione che lo avrebbero condotto, quattro decenni dopo, al Nobel per la medicina insieme a Haldan Keffer Hartline e Ragnar Granit. Riuscì infatti a estrarre i pigmenti dalla retina e a misurarne la capacità di assorbimento della luce, in base alle diverse lunghezze d’onda.

Ben prima dell’esperienza radiofonica del 1970, Wald aveva dato prova di saper comunicare la scienza in modo davvero efficace. Nelle aule di Harvard, dove era professore dal 1934, insegnò biologia alle matricole del primo anno. Seppe farlo in modo avvincente e comprensibile, a braccio, ricorrendo spesso a metafore e citazioni letterarie. Secondo The Harvard Crimson, il quotidiano studentesco del college, il suo corso introduttivo alla biologia trasformò “più scienziati in poeti e più poeti in scienziati” di qualsiasi altro corso del campus. Nel 1966, il Time definì Wald “uno dei dieci migliori insegnanti del Paese”.

La sua popolarità crebbe nel 1969 quando, insieme ad altri cinque colleghi, sostenne lo sciopero degli studenti contro la guerra in Vietnam. Nello stesso anno pronunciò un famoso discorso al Mit di Boston. “Una generazione in cerca di futuro” ebbe un tale successo da essere tradotto in quaranta lingue e addirittura pubblicato su vinile.

Nei suoi discorsi pubblici, che dopo l’esperienza radiofonica del 1970 divennero sempre più numerosi, Wald continuò a utilizzare i fatti scientifici come metafora per interpretare il mondo contemporaneo. Ma furono le Massey Lectures a consacrarlo al grande pubblico come comunicatore scientifico. In queste sei lezione racconta la vita dell’essere umano, dalle origini alla morte, toccando gli argomenti più disparati. Il rischio nucleare e l’inquinamento, la sovrappopolazione e la biodiversità, l’uso e l’abuso della tecnologia.

Fino alla fine (1997) considerò la scienza come un viaggio interminabile e, proprio per questo, avvincente verso la conoscenza. “Una delle più importanti fonti di felicità dell’uomo è trovare un obiettivo irraggiungibile”.

Molto probabilmente Wald oggi sarebbe un autore di podcast di successo: utilizzerebbe l’immediatezza del digitale per comunicare la scienza. La sua sarebbe stata una voce da ascoltare in questi tempi di pandemia da Covid-19, che avrebbe raccontato in modo comprensibile e mai banale.

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