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Arte e scienza, due mondi che parlano la stessa lingua

Giorgio Giardina, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Biochimiche a Sapienza, illustratore scientifico e cover artist ci racconta le sue passioni: arte e scienza

In una calda mattinata di fine giugno vengo accolta  virtualmente in un salone pieno di quadri. Alle spalle di Giorgio Giardina le sue opere fanno da cornice a questa intervista. È decisamente il posto giusto per parlare di arte e scienza.

Si legge dal suo sito che “ha sempre portato avanti parallelamente il lavoro di ricerca scientifica e artistica”, in questo contenitore convivono le sue due anime che oggi ha deciso di raccontare.

L’arte è influenzata da eventi scientifici?

“Certamente, tutto è correlato. Uno dei miei artisti preferiti è Egon Schiele: analizzando le sue opere e quelle dell’amico Gustav Klimt è possibile vedere una chiara influenza della scienza nell’arte. All’inizio del ‘900 a Vienna c’era molto dialogo tra scienziati e artisti. L’influenza delle idee di Freud sono evidenti nel lavoro di Schile, e molti quadri di Klimt contengono sfondi ispirati alle prime immagini dei batteri osservati al microscopio. La scienza svela i misteri e il linguaggio della natura, ma è spesso l’arte a riconoscerne la bellezza.”

Ritiene che attualmente ci sia una maggiore separazione tra il mondo dell’arte e il mondo della scienza?

“Questa separazione c’è stata maggiormente a partire dalla fine del secolo scorso, diciamo da quando arte e scienza hanno iniziato a essere considerate prevalentemente per il loro valore economico. L’arte contemporanea fa spesso un uso massiccio di tecnologia secondo me si sta allontanando dalla scienza intesa come ricerca filosofica, anche se è diventata apparentemente molto concettuale, spesso appare solo come un tentativo sterile di stupire con effetti speciali. Dall’altra parte la scienza è diventata molto artistica. Finalmente anche in Italia ci siamo accorti che la scienza non è bella solo per gli addetti ai lavori. La pandemia in corso ha mostrato che il grande pubblico ha fame di scienza e che ne sa apprezzare la sua bellezza.”

Al giorno d’oggi, questi due mondi possono parlarsi?

“Questi due mondi si devono parlare perché si poggiano sulla stessa base: la curiosità. L’artista e il ricercatore cercano di esplorare l’ignoto. Entrambi sviluppano dei percorsi di ricerca. L’artista basa le sue opere su un concetto che è frutto di un’esplorazione interiore e riesce a trasmette emozioni. Da qui nasce lo stile che rende riconoscibile l’artista, la sua identità, la sua voce, che è sempre il frutto di un lungo percorso di ricerca.”

Mi parli meglio delle analogie tra artisti e scienziati.

“Ogni scienziato vuole capire qualcosa, trovare risposte alle sue domande. Gli scienziati sono come dei bambini, incuriositi da qualcosa che non conoscono. Allo stesso modo l’artista cerca le sue risposte attraverso le sue opere. L’arte e la scienza hanno lo stesso obiettivo: riempire un vuoto. Rappresentano entrambe un bisogno, una necessità un’esigenza fondamentale per nutrire lo spirito.”

Cosa bisognerebbe fare per valorizzare il rapporto tra arte e scienza?

“Bisognerebbe considerarle come un patrimonio primario dell’umanità. Non dovrebbero esserci troppe regole, questi due mondi devono essere liberi di germogliare e dare i loro frutti. Sia nell’arte che nella scienza bisognerebbe tornare a seguire dei ritmi lenti. La scienza ha bisogno di tempi morti, di pause necessarie a capire il senso dei risultati ottenuti. La scienza si nutre di cicli di intuizione e poi di verifica. I cicli di intuizione sono necessari per orientarsi nella giusta direzione. L’avanzamento delle conoscenze, inoltre non dovrebbe avere condizionamenti. Questo dovrebbe essere applicato anche nel mondo dell’arte che è molto influenzato dalle mode e dal mercato.

Oscar Wilde diceva provocatoriamente che l’arte è completamente inutile. Io aggiungo che anche la scienza dovrebbe essere considerata inutile, nel senso che non sempre si possono conoscere le implicazioni future di una certa scoperta. Oggi invece assistiamo ad una contrazione sistematica della ricerca di base a favore della ricerca applicata, quella cioè che ha una immediata utilità.”

In che modo la sua passione per l’arte l’ha aiutata nella ricerca?

“Mi succede spesso di osservare il sistema biochimico in maniera differente, questo mi aiuta a capire certi concetti.

Attualmente stiamo lavorando su una ricerca molto interessante che fa capire come l’evoluzione preservi una certa percentuale di imperfezione funzionale o meglio la perfezione evolutiva si appoggia sull’imperfezione. In generale la cellula mantiene in qualche modo un certo grado di instabilità perché questo le permette l’accesso casuale a nuove funzioni. Se trasliamo questa cosa al mondo in cui viviamo capiamo che non è possibile spingere nessun tipo di funzionalità verso l’estremo, altrimenti, se cambiano le condizioni ci si ritroverà spiazzati.

Pensiamo ad esempio a cosa succede quando l’intera economia di una città dipende da una sola fabbrica e questa è costretta a chiudere. La società per adattarsi ai cambiamenti in atto deve mantenere un certo grado di diversità. La diversità e la multiculturalità, non è soltanto una ricchezza ma una vera e propria opportunità che deve essere preservata perché permette un maggiore adattamento. O almeno, questo è quello che ci suggerisce l’osservazione della natura.

Attraversare – 2001- Acrilico su polistirolo

Qual è l’opera che la rappresenta di più?

“Si chiama Attraversare, ed è un’opera che ho fatto un po’ per caso. È stata la prima volta in cui ho agganciato un concetto filosofico ad un’opera astratta. Mi sono stupito io stesso del risultato, questo mi ha fatto pensare che potessi fare altri quadri. Con questo quadro ho voluto raccontare un attraversamento emozionale e spirituale. Un percorso irrazionale che ognuno di noi fa quando lancia la gamba al di là dell’ostacolo senza avere appoggi sicuri. Proprio grazie a questo percorso che ti fa attraversare le zone d’ombra della vita è possibile colmare quei vuoti che ognuno di noi sente di avere.”


Immagini: {Giorgio Giardina}