quasicristalli

Esplosioni nucleari e quasicristalli impossibili


Un gruppo internazionale coordinato da Luca Bindi, professore di mineralogia all’Università di Firenze, ha pubblicato sulla rivista Nature la scoperta del primo quasicristallo creato dall’essere umano, durante il primo test nucleare della storia

Il 16 luglio 1945, alle ore 5:29, a 56 km dalla città di Socorro, in New Mexico, esplode la prima bomba atomica della storia. Tra le conseguenze di quel test, conosciuto col suo nome in codice “Trinity”, c’è la formazione di una vasta distesa di un cristallo particolare: la trinitite, creata dalla fusione della sabbia in condizioni estreme di temperatura e pressione. Più di settant’anni dopo, Luca Bindi e il suo gruppo hanno studiato i campioni di questo materiale, scoprendo la struttura del primo quasicristallo artificiale.

I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulle riviste Pnas e Nature. Il campione di trinitite rossa studiato, è composto da una lega di silicio, rame, calcio e ferro, quindi non contiene alluminio, al contrario di tutti i quasicristalli noti finora. Questa scoperta apre nuove possibilità nello sviluppo di materiali innovativi.

Trinitite Rossa, di Mouser Williams da Creative Commons

I quasicristalli presentano una struttura irregolare, che però mantiene su larga scala delle simmetrie particolari, come quella del pentagono o del decagono, al contrario della struttura fissa e regolare dei cristalli più comuni. Grazie a queste proprietà, i quasicristalli sono materiali robusti, in grado di resistere a deformazioni e sono buoni conduttori di calore e di elettricità. Hanno una vasta applicabilità, dalle padelle antiaderenti ai motori Diesel.

Nel 1982 il fisico Daniel Shechtman scoprì questa nuova struttura della materia, che – superato lo scetticismo iniziale dei colleghi – gli fece vincere il premio Nobel per la chimica nel 2011.

Contemporaneamente agli studi di Shechtman, il fisico teorico Paul Steinhardt teorizzò l’esistenza di una struttura tridimensionale con la stessa simmetria di un solido a venti facce identiche, l’icosaedro, ma formata da più blocchi tutti diversi tra loro, un’intuizione analoga a quella che ebbe il matematico Roger Penrose, per la tassellazione aperiodica in due dimensioni. Gli studi sui quasicristalli erano perfettamente compatibili con il materiale sintetizzato da Shechtman.

Successivamente i quasicristalli sono stati realizzati in laboratorio e trovati in natura, come commenta lo stesso Bindi:“Fino a oggi sapevamo che i quasicristalli in natura si formano a condizioni estreme di temperatura e pressione: gli unici due documentati, l’icosaedrite e la decagonite, erano stati infatti ritrovati, proprio grazie alle mie precedenti ricerche, nei frammenti di una meteorite caduta sulle montagne del Koryak, nell’estremo oriente della Russia, circa 15mila anni fa. Le condizioni in cui i due quasicristalli si erano formati, probabilmente in collisioni tra asteroidi nello spazio agli albori del sistema solare, sono paragonabili a quelle prodotte in esplosioni atomiche. Per questo ho deciso di studiare attentamente il materiale del test Trinity”.

Insomma, sentiremo ancora parlare di quasicristalli, che si tratti di meteoriti, test nucleari o padelle.

Speriamo nella terza opzione.

{Immagine in evidenza: Quasicristalli, da Creative Commons}