Guerra in Tigray

Tigray: fra guerra e malnutrizione

La guerra nel nord dell’Etiopia fra l’esercito locale, cui si è aggiunta anche una divisione eritrea, e il fronte di liberazione popolare del Tigray (Tplf) sta avendo ripercussioni importanti, anche rispetto alle consegne di cibo del World food programme

“La brutale realtà per il nostro personale in Tigray è che per ogni famiglia raggiunta con cibo salvavita, ce ne sono moltissime altre, specialmente nelle aree rurali, che non riusciamo a raggiungere”. Queste, le parole del direttore esecutivo del World food programme (Wfp), Nobel per la pace nel 2020, sulla delicata situazione in Tigray.

Uomini e donne che vivono nella regione hanno abbandonato le proprie case e circa 63mila tigrini sono in fuga nelle zone confinanti. L’Onu dichiara che i militari hanno bloccato le vie d’accesso alla regione, impedendo la distribuzione del cibo da parte delle associazioni locali e internazionali che cercano di tamponare un’altra emergenza umanitaria che solitamente accompagna le guerre: la carestia.

A tal proposito il direttore esecutivo del Wfp racconta la realtà dagli occhi degli operatori che lavorano in quelle zone: “Le nostre squadre mi hanno raccontato che in 53 villaggi che hanno visitato, il 50 per cento delle madri e quasi un quarto di tutti i bambini erano malnutriti. Milioni di persone hanno urgente bisogno di cibo. Senza di esso, molti di loro moriranno”. Per avere un quadro completo della situazione, bisogna fare un passo indietro: come ha avuto inizio il conflitto?

Il Tplf si costituì come gruppo schierato contro il governo centrale etiope nel 1975, sostenendo che la lotta armata era l’unico modo per garantire le libertà democratiche. Stabilì la loro prima base proprio nella zona del Tigray e, da quel momento, si oppose a diverse derive totalitarie che il governo del paese prese nel corso degli anni. Nel novembre 2019, il Tplf dichiarò illegale l’unificazione dei partiti di coalizione del primo ministro Abiy Ahmed e del presidente del Fronte democratico rivoluzionario popolare etiope. A inasprire i rapporti con il governo centrale, nel 2020 il Tplf chiese alla National election board of Ethiopia, un’agenzia governativa autonoma che supervisiona le elezioni nel paese, di aiutare a organizzarle in Tigray, ma questa si rifiutò. Il Tplf, dunque, indisse le proprie elezioni regionali con i partiti di opposizione e il primo ministro dichiarò che il governo federale non avrebbe riconosciuto i risultati di queste, vietando ai giornalisti stranieri di recarsi nel Tigray per documentarle. Il 4 novembre 2020 il primo ministro inviò le proprie truppe in risposta a un presunto attacco contro una caserma dell’esercito federale, scatenando così il conflitto armato.

Circa 6 milioni di persone rischiano di morire di fame e, ad aggravare la situazione, alcune associazioni locali dichiarano che migliaia di donne sono vittime di stupro. Il Wfp ha rapidamente avviato un’operazione di assistenza alimentare, dispiegando oltre 180 operatori umanitari e aumentando le distribuzioni di cibo per raggiungere 1,4 milioni di persone. Tuttavia, questo impegno non è sufficiente e, per via di molte restrizioni date dal conflitto, il Wfp non riesce a operare al massimo delle sue potenzialità. Quali dovrebbero essere i passi per migliorare la situazione in Tigray per le popolazioni locali? Il Wfp è chiaro:

Sono necessarie tre cose per evitare che la fame mieta milioni di vittime nel Tigray: un cessate il fuoco, l’accesso senza impedimenti al Wfp e ai partner a tutte le aree, e finanziamenti per ampliare le nostre operazioni, al fine di rispondere al numero crescente di persone che hanno disperato bisogno di assistenza alimentare d’emergenza”.

Immagine in evidenza: Rod Waddington from Kergunyah, Australia, CC BY-SA 2.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0, via Wikimedia Commons